Joe Budden - All Love Lost
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Reviewed by
Blond Dee
VOTO (da 1 a 5)
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4 +
Che bel disco! Un artista che prende carta e penna e decide di mettere in rima sentimenti, emozioni, paure, dubbi ed esperienze è da ammirare. E questo è ciò che ha deciso di fare Joe Budden in "All Love Lost": raccontarsi. E pensare che, visti i precedenti (e mi riferisco in particolare a "No Love Lost"), mi sono avvicinato al disco con moltissimi pregiudizi. Ancora una volta, sono stato smentito. Già dalla traccia introduttiva, capiamo che Budden ha intenzione di tirar fuori tutti i suoi demoni e riproporre le tematiche introspettive già viste nei precedenti mixtape "Mood Muzik": l'alcool e le droghe che negli anni passati gli hanno corroso mente e corpo, gli amori tormentati ("Broke") e le storie futili ("Playing Our Part"), l'amore per la musica ("Love, I'm Good") e tanto, tanto altro ancora. Joe decide di fare tutto ciò seguendo l'istinto, rappando col suo tipico flow chiaro e nitido. Quando si parla di quel che si prova non c'è bisogno di agghindare il contenuto con troppi preziosismi tecnici, meglio essere schietti in modo tale da permettere al messaggio di arrivare a chi ascolta in maniera diretta e franca. E la scelta, in questo caso, paga. Durante tutta la durata del percorso abbiamo modo di conoscere svariati retroscena della vita dell'autore, episodi che sicuramente lo hanno segnato e che in un progetto così riflessivo ritornano a galla: gli amici passati a miglior vita, le relazioni complicate, il fratello coinvolto in una sparatoria, il periodo in cui sembrava che il mondo potesse crollargli addosso da un momento all'altro ("Man Down"), la forza interiore che gli ha permesso di rialzarsi sempre ("Immortal"). In diverse riprese, c'è anche spazio per lo storytelling, sempre ben ancorato al concept dell'album; mai si ha però l'impressione che il rapper di New Jersey voglia semplicemente piangersi addosso e, anzi, preferisce mostrare sempre fierezza e determinazione (<<both my parents did drugs/see they put them syringes to work/and I carry that same exact gene/but I never mentioned I'm cursed>>). Un commento a parte se lo merita "Slaughtermouse" (crasi tra il nome del suo gruppo, gli Slaughterhouse, e mouse, ovvero il soprannome che il rapper aveva in tenera età), una dedica speciale all'amico Eminem nonché un ringraziamento pieno di ammirazione e sincerità per aver creduto in lui ed esserci stato nel momento del bisogno (<<this ain't about star power/I ain't on the hype/nevermind skin color/I see beyond the white>>) - lo stesso Joe Budden definirà il brano come la sua personalissima "Stan". Come ogni concept che si rispetti, il sound deve per forza di cose seguire le atmosfere dettate dai testi dei brani; sotto questo punto di vista, il lavoro dei vari produttori che si sono alternati alle macchine (tutti a me sconosciuti, eccezion fatta per Arab Muzik) soddisfa pienamente le esigenze stilistiche di "All Love Lost", offrendo suoni decisamente dark e malinconici non privi di spunti interessanti (vedi gli assoli di chitarra dell'intro e di "Man Down"), pur non discostandosi dai canoni dettati dal mainstream. Ovviamente, ci sono dei risvolti negativi - altrimenti il voto complessivo sarebbe stato più alto. In particolare, mi riferisco ai ritornelli distorti dall'autotune nelle tracce conclusive e la durata di alcuni brani che, alla lunga, può risultare pesante, specie se si considera che il flow di Budden, per quanto piacevole ed efficace, non brilli certo per varietà. Tolte queste imperfezioni, "All Love Lost" è un disco maturo e completo, rappresentando, visti i contenuti, una sana alternativa all'egotrippin' imperante in un genere nel quale gli artisti preferiscono dipingere loro stessi come dei malavitosi tutti soldi, donne, fama e successo. |
TRACK LIST |
Joe Budden - All Love Lost
(Entertainment One 2015)
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BEATZ |
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