Kendrick Lamar - good kid, m.A.A.d city
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Reviewed by
Gabriel
VOTO (da 1 a 5)
:
4,5/5
A distanza di ben otto mesi dalla sua pubblicazione (quando si dice la puntualità!) ci accingiamo a recensire il secondo progetto discografico di Kendrick Lamar, salito definitivamente alla ribalta dopo le ottime impressioni destate con l'indipendente "Section 80". A voler essere obiettivi, tutto questo tempo è stato necessario per valutare ogni minimo particolare e far in modo di evitare considerazioni eccessivamente frettolose. Sì, perché difficilmente "good kid, my.Angry.Adolescent.divided city" si appresta ad orecchie distratte e forse un semplice ascolto non è sufficiente per apprezzarlo completamente, costringendo l'ascoltatore a scavare più a fondo se desideroso di cogliere la genialità del rapper losangelino. Di fronte abbiamo un lavoro strutturato a modo di opera cinematografica, o meglio ancora come una vera e propria serie TV a incastro, in cui i diversi racconti finiscono inevitabilmente per intrecciarsi tra loro, mettendo alla luce la natura dei personaggi attraverso delusioni, crudeltà e speranze. Fermo restando che ciò non rappresenti nulla d'innovativo all'interno del genere, diciamocelo seriamente, a Lamar sarebbe bastato mettere assieme un'accozzaglia di brani cavalcando l'onda d'entusiasmo creatasi attorno per conquistare la critica. Eppure il venticinquenne di Compton è ambizioso: propone una sceneggiatura degna delle migliori produzioni di Hollywood, ricca di colpi di scena e continui alternarsi di episodi distesi contro momenti di assoluta tensione. Le numerose skit hanno il compito di precisare e dare profondità a una storia già di per sé coinvolgente, capace in brevissimo tempo di catapultare persino l'ascoltatore non abituale verso la dura vita di strada. Con l'apertura di "Sherane a.k.a. Master Splinter's Daughter", nella quale Kendrick introduce l'avventuroso rapporto con Sherane a causa della relazione tra la sua famiglia e le gang locali, e "Bitch, Don't Kill My Vibe", in cui racconta i cambiamenti dovuti al successo, si passa direttamente alla narrazione della trama. Il tutto ha inizio nei sedili posteriori di una Toyota bianca, tra un tiro di weed e un sorso di alcool il nostro giovane protagonista si lascia andare in un freestyle, come suggerito dal titolo. A colpire maggiormente, oltre a un flow disinvolto, è quell'improvviso cambio di tonalità nella terza strofa da indurci a scorrere la tracklist per controllare un'eventuale featuring non pervenuto. "The Art Of Peer Pressure" diventa presto l'introspettivo punto di vista dell'autore, artefice di alcune azioni insieme ai suoi amici che non riesce proprio a condividere ma alle quali non può sottrarsi, evidenziando un forte senso di disagio. La traccia "Money Trees", oltre ad introdurre il primo ospite e compagno di label Jay Rock, è una critica indiretta alla violenza che invade il suo quartiere, rafforzata dalla personale esperienza della morte di zio Tony, colpito all'uscita di un fast food da una pallottola vagante (<<everybody gon' respect the shooter, but the one in front of the gun lives forever>>). Il racconto prosegue con il singolo "Poetic Justice", cui collabora Drake. Il titolo del brano non è casuale, Scoop DeVille campiona infatti "Any Time, Any Place" di Janet Jackson, protagonista dell'omonimo film. La maturità dietro al suono è opera della produzione esecutiva di Dr. Dre, presente anche nelle vesti di mc nel brano finale, "Compton", vero e proprio inno alla città, condito da una produzione di chiaro sapore West Coast fornita da Just Blaze. Dre ha ancora una volta il merito di rinfrescare il suono della costa occidentale, che lui stesso aveva originato, orchestrando un team di produttori importanti quali Hit-Boy, Pharrell Williams e T-Minus. La narrazione prosegue dalla prima traccia e prende una piega decisiva quando Kendrick, mentre sta tornando da Sherane, viene aggredito da una gang locale. Nelle successive "good kid" e "m.A.A.d city", che insieme compongono il titolo del lavoro, l'artista scaglia tutta la sua rabbia contro gli effetti negativi delle gang, soffermandosi sulle poche possibilità offerte da Compton, città a cui, nonostante tutto, è da sempre molto legato. Anche in questo caso il featuring non è affatto casuale, MC Eiht è un punto di riferimento se si tratta d'illustrare con estrema fedeltà il ghetto più pericoloso d'America. La meravigliosa "Sing About Me, I'm Dying Of Thirst" è un miscuglio di emozioni, col protagonista che dipinge in rima i pensieri filtrati prima dagli occhi del fratello di Dave, morto per difendere Kendrick, poi dagli occhi della sorella di Keisha, ragazza che abbiamo già avuto modo di conoscere in "Section 80". L'atto finale di a short film by Kendrick Lamar, come evidenziato dalla polaroid in copertina, vede il nostro recarsi presso lo studio della sua etichetta Top Dawg con in testa un solo pensiero: impegnarsi per dimostrare ai ragazzi di Compton che forse una speranza esiste ancora. "GKMC" è questo, un lavoro curato e studiato per esaltare le potenzialità di Lamar a discapito di uno sfondo musicale non sempre all'altezza, ma comunque positivo, senza dimenticarci che di fronte a un progetto di questo stampo certi fattori siano costretti a svolgere un ruolo di secondo piano. In un'epoca in cui la provenienza da determinate situazioni è motivo di esaltazione, Kendrick capovolge la classica figura del gangster, presente soprattutto nella scena West, realizzando un disco degno di raggiungere gli altri capolavori presenti nell'Olimpo dell'Hip Hop; ma non ora, forse tra cinque o dieci anni, concedendogli il tempo che merita. |
TRACK LIST |
Kendrick Lamar - good kid, m.A.A.d city
(Aftermath Entertainment/Interscope Records/Top
Dawg Entertainment 2012)
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BEATZ |
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