MOOD - DOOM
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Bra
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Nei miei ricordi il millenovecentonovantasette sarà per sempre l'anno di "Funcrusher Plus" e dell'esplosione della Rawkus Records, episodi centrali all'interno di una rivoluzione che molti speravano potesse divenire copernicana e della quale oggi, invece, non resta poi molto. Eppure una percentuale consistente di quelle uscite è stata celebrata in maniera aperta, anzitutto dalle riviste di settore ma anche da chi, in generale, riconosceva nell'underground della costa Est il nuovo propulsore per l'Hip-Hop del terzo millennio, sempre più corrotto (ovviamente in senso musicale) dall'estetica Pop. Dovremmo altresì collocare nell'insieme "Doom", fino al luglio di quest'anno primo e unico disco dei Mood, che pur accogliendo un sound di chiara matrice newyorkese arriva dalla Queen City, Cincinnati. Il gruppo è composto da Jahson, Donte e Main Flow, beatmaker il primo, mc's gli altri due; in realtà al terzetto si aggiungeva un quarto protagonista, Hi-Tek, impiegato in nove delle diciotto tracce e di fatto alla prima esperienza di un certo peso, guarda caso accompagnato da Talib Kweli (riecco la Rawkus) che in cinque featuring, però, affiancava il suo socio soltanto una volta. L'esordio dei Mood sembra quasi anticipare l'immaginario mistico/apocalittico di molti gruppi a venire, dai Jedi Mind Tricks (per la verità loro coetanei) fino ad Army Of The Pharaohs, Non Phixion, The Lost Children Of Babylon e diramazioni varie, la differenza è data da un approccio più sobrio, mi si lasci passare il termine, che tanto nella critica politica ("Illuminated Sunlight", "Industry Lies") quanto nell'astrattismo narrativo ("Esoteric Manuscripts", "Karma", "Millennium") rinuncia al rigore della cronaca e traduce il disagio, l'antagonismo e il dissenso (anche quando l'oggetto del discorso è l'Hip-Hop stesso) attraverso metafore ed allusioni. A maggior ragione può stupire che Donte e Main Flow (che ha pubblicato diversi album e ha collaborato spesso con 7L & Esoteric) non abbiano ottenuto particolare notorietà: francamente il loro contributo è qui impeccabile e sebbene tecnicamente non è che siano proprio i primi della classe la qualità delle liriche è pari a quella dei beat (cioè alta), livello spinto ancora più su quando al duo si accostano Kweli o i Sunz Of Man. Il resto, appunto, è merito di Jahson e Hi-Tek, oggettivamente in sintonia nel taglio cupo e minimale delle atmosfere presenti in "Doom". Il primo, che nel corso degli anni ha partecipato a pochissimi progetti (citiamo "Black August" di Killah Priest), sceglie sample scuri ed onirici ("Esoteric Manuscripts", "The Vision", "Sacred - Pt. 1"), il secondo adotta set di batteria più imponenti ("Info For The Streets", "Tunnel Bound", "Illuminated Sunlight"); il risultato è un amalgama omogeneo e di sicuro appeal, quantomeno tra i cultori di quel periodo. A chiunque fosse sfuggito, consiglio dunque di recuperare e riscoprire "Doom"; viceversa, rifuggite senza tentennamenti da "Live Again", il ritorno oramai inatteso dei Mood su sonorità sintetiche e, provo un po' di disagio nel dirlo, caraibiche. |
TRACK LIST |
Mood - Doom
(Blunt Recordings 1997)
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BEATZ |
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