Prof. Arronax: <<Voi amate il mare, capitano?>>.
Nemo: <<Oh sì, l'amo. Il mare è tutto. Copre i sette decimi del globo e il
suo respiro è puro e salutare. E' un deserto immenso, in cui l'uomo mai è solo
perché accanto tutto un mondo brulica. Il mare è veicolo di una vita prodigiosa.
E' amore e moto. E', come un vostro poeta ha detto, l'infinito vivente>>.
Il nuovo disco di Murubutu, terzo di una trilogia cominciata con "Il giovane
Mariani e altri racconti" (2009) e proseguita con "La bellissima Giulietta e il
suo povero padre grafomane" (2011), inizia con questa citazione da "Ventimila
leghe sotto i mari" e si comprende subito che proprio il mare è il perno su cui
gireranno tutti i Rap-conti (appropriata definizione indicata dallo
stesso Murubutu) contenuti nel nuovo lavoro dell'mc reggiano.
Mare che diventa il mezzo per trattare temi come la voglia di <<prendere il
largo>> ("Isola verde") o la detenzione ("Il giro del mondo"),
l'immigrazione ("Sull'Atlantico") o l'handicap ("Marco gioca sott'acqua"), la
solitudine e l'amore ("I marinai tornano tardi"), l'aborto ("Storia di Laura"),
fino al futuro dell'umanità e l'inquinamento ("L'uomo che viaggiò nel tempo");
senza dimenticare le avventure e le storie di "Diario di bordo", "Le sirene",
"La battaglia di Lepanto (1751)", la saga di "Mari infiniti" (idea semplice ma
azzeccatissima, io comprerei il disco già solo per questo) e i messaggi neppure
troppo velati alla scena ("Gli ammutinati del Bouncin'"). In tutta sincerità, è
molto difficile recensire un disco come questo; più che un ascoltalo e basta,
c'è poco da dire e, pur se si provasse, si rischierebbe solo di ripetersi.
Difatti, cosa c'è da dire ancora sui testi pieni di virtuosismi tecnici e, allo
stesso tempo, perfettamente comprensibili che Murubutu cesella con cura
straordinaria? Cosa c'è da dire ancora su una capacità narrativa più unica che
rara, in grado di lasciare davvero increduli, ad esempio, con il colpo di scena
de "Il giro del mondo" e il finale di "Isola verde" (per un piccolo
confronto, si
vedano le strofe di Murubutu e Claver Gold in "Le sirene": per quanto il secondo
offra una prestazione immensa, non è comunque paragonabile a quella del primo)?
Che dire ancora del tappeto musicale, che definirei totale, messo a
disposizione dai vari produttori presenti (per gusto personale, "Isola verde",
"Il giro del mondo", "Marco gioca sott'acqua", "I marinai tornano tardi" e
"Storia di Laura" sono qualcosa di indescrivibile)? Meglio concludere senza
dilungarsi dicendo che Murubutu è riuscito di nuovo a dimostrare che <<un
altro Rap è possibile>> e, più importante forse, come i grandi scrittori è
riuscito a rendere indimenticabili le storie dei suoi personaggi. |