Picciotto - Piazza connection
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Reviewed by Mr. Bushdoc
Finalmente. Era da quando ho ascoltato per la prima volta Willie Peyote che aspettavo la nuova sorpresa della scena italiana e, infine, eccola. Viene da Palermo, classe '83, è al primo album solista dopo dieci anni di musica con la Gente Strana Posse e si fa chiamare Picciotto. L'esordio dell'mc è un album radicalmente politico in cui però - come non succedeva da anni - non è sacrificata la parte prettamente musicale e artistica, che non risulta di conseguenza per nulla pesante e finisce per costituire un mix quasi perfetto di intrattenimento e intelligenza. Che bello, allora, essere introdotti da "Piazza connection" - vera e propria traccia manifesto - e passare subito alla densissima presentazione (<<un concentrato di rabbia e aspettative/in una vita che m'ingabbia senza prospettive>>) di "Malavoglia". E che soddisfazione ascoltare da un rapper maschio un ritratto così poco banale e superficiale di una figura femminile ("Sole"), come ugualmente soddisfacente è sentire il forte accento politico della riflessione sulla cronica mancanza di tempo contenuta in "Nel tempo" (<<sono giornate intense, tempi amari, casomai/trovi il tempo per pensare, capirai, come stai/cosa vuoi, cosa puoi, cosa lasci e cosa dai/altro che senno di poi, vivi nel tempo del mai/se l'indole della speranza è palliativo/il futuro in pillole antidepressivo, io sopravvivo/perché scrivo sempre in giro su me stesso, recidivo/sabotare il tempo è l'obiettivo>>). Picciotto fa, inoltre, molto abilmente uso dello storytelling per veicolare i suoi messaggi. Succede per la già citata "Sole", per i tre brevi episodi sull'emergenza abitativa de "La mia casa", accompagnati dal bellissimo ritornello di O'Zulù, e per "Sogno brigante", con il featuring del maestro indiscusso del genere nella scena italiana. Tra queste due ultime tracce si trova quel piccolo gioiello di inquietudine che è "Il senso", prodotta magnificamente da Dj D.. "Kali-fogna", nella critica al cambiamento gattopardesco di cui è soggetta l'Italia, rende forse più delle altre tracce il filo rosso che unisce praticamente tutti i brani dell'album, il tema del cambiamento sviscerato da più parti. Con quest'ultima inizia allora una fase all'interno del disco nella quale, forte di quella voglia di cambiamento di cui sopra, Picciotto si dedica alla demolizione di alcuni totem precisi: la stessa si rivolge all'ambito culturale del Belpaese, "Police mafia" a quello politico, "Né arti né party" a quello di una socialità che <<diventa mercificazione>> (Picciotto: <<dopami, dopo mi sembrerà tutto più bello/serata nel solito posto, sempre quello/tutti ammassati come bestie fanno Vucciria/ed ogni giorno danno festa alla faccia mia [...] e non si guarda oltre il culo della tipa accanto/e tanto basta per fare serata random>>; e poi le due barre di Jamba che da sole valgono il 99% dei dischi che abitualmente ascoltiamo e ascoltate: <<non fate i furbi, la legge qui non è uguale per tutti/la lasciamo rispettare solo ai brutti>>), infine - con un originalissimo (ancora una volta) storytelling distopico - al "Fantarap" italiano. Ci sarebbero altre cose da dire, ad esempio sulla scrittura e sull'enorme varietà di flow di Picciotto, oppure sulle infinite e portentose sfumature delle produzioni, ma mi sono dilungato fin troppo e finirei per scrivere un'apologia. La butto lì, sorpresa dell'anno. |
TRACK LIST |
Picciotto - Piazza connection
(Autoproduzione 2014)
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BEATZ |
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