Rancore & Dj Myke feat. Svedonio - Elettrico
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Reviewed by Riccardo Orlandi
La scena italiana è quello che è. Non daremo giudizi: i veterani fanno quello che fanno, c'è chi rimane fedele alla tradizione, chi molla tutto e si dà al Pop o al Rock, chi ha scoperto che rappare rime inascoltabili su basi altrettanto inascoltabili fa ingrossare il portafoglio, chi percorre strade tortuose e bizzarre che portano lontano da ogni forma di Rap già sperimentata; tra le nuove leve si contano fanatici del suono classico, così come si trovano molti discotecari prestati all'Hip-Hop per qualche anno, senza considerare i tanti perfetti incapaci. Il giudizio che si può dare non ci interessa. Quel che è certo è che i tentativi di innovazione sono pochi. Per quanto si possa discutere sulla qualità della scena, una cosa è certa: tutto è molto statico. C'è poco che si muove a livello di idee originali, di tentativi verso il nuovo. Per questo, i rari - rarissimi - nomi che spingono in questa direzione andrebbero supportati come se valessero tanto oro quanto pesano. Rancore è uno di questi, indubbiamente, come lo è Dj Myke. "Acustico" è stato uno dei lavori più riusciti dell'anno passato, e dopo aver avuto tra le mani "Elettrico", con cui fa il paio, si fa fatica a credere di quanta qualità sia capace questo ragazzo. La forza delle sue liriche si trova in un indefinito punto di intersezione tra autobiografia, capacità narrative e tecnica, il tutto elevato al massimo grado da una totale assenza di semplicità. Non c'è nulla di diretto nei testi di Rancore. Ascoltatevi "Giunti al dunque" (e il suo fantastico ritornello) o "E' facile", per capire. Anche dove la struttura del pezzo è consapevolmente rigida (l'anafora di "Conta" e il gioco di parole sul rancore di "E' meglio senza", di sicuro effetto) il nostro dimostra una grande originalità di pensiero. Sembra incredibile come Rancore sappia prendere i temi trattati dalla maggioranza degli esordienti e trasformarli in testi profondi e mai scontati. Qualche esempio: "Brutti & cattivi" e il dente avvelenato contro la musica di plastica; lo stereotipo del "Cosa sai?" del rapper pagliaccio, rigirato in una parodia misantropa e autolesionista, sempre intelligente e acuta; "Cuore e acciaio" e il rischio del buonismo nel pezzo pedagogico ampiamente sventato con versi intelligenti e una solidità del sentimento che anima lo stile, allontanando il pericolo di ogni retorica sterile; l'anthem anti-consumistica, "Comprare", costruito con un gran numero di slogan pubblicitari, incastrati con grande perizia tecnica. Al posto di questa serie di esempi basterebbe notare come Rancore abbia preso uno dei temi più abusati e onnipresenti nei dischi dei rapper ventenni che mettono per la prima volta il naso sulla scena, la dichiarazione d'amore per l'Hip-Hop ("La macchina infernale"), e l'abbia interpretato a modo suo: è granitica, colossale, la differenza con la maniera diretta ed elementare con cui il tema viene affrontato dalla quasi totalità degli emergenti (e anche qualche veterano c'è cascato); la seconda strofa, poi, è un capolavoro di equilibrio tra narrazione e barre così apertamente autobiografiche da trasudare passione e dolore. Se tutto ciò non bastasse, arrivate alla traccia numero dodici e chiudiamo il discorso. Questo è troppo, viene da pensare. Lo storytelling di un freestyle, fatto in questa maniera, con ogni istante (dal pubblico alla base che corre, dall'ansia da prestazione all'associazione di idee) descritto in maniera così magistralmente impressionistica senza rinunciare ad un fulminante parallelismo tra vita e battle è davvero una prova di Rap assolutamente non ignorabile. Insomma, è Rancore stesso, supportato da un Myke all'ennesima potenza che combina percussioni, cavi elettrici e scratch, a non essere ignorabile nel panorama dell'Hip-Hop italiano, nella penuria asfissiante di voci originali capaci di proporre un Rap nuovo ma sempre sincero e legato a doppio filo con l'emotività, cosa che il nostro riesce a fare con una naturalezza disarmante. |
TRACK LIST |
Rancore & Dj Myke feat. Svedonio - Elettrico
(La Grande Onda 2011)
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BEATZ |
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