SCARFACE - THE DIARY
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Reviewed by
Mistadave
VOTO (da 1 a 5)
:
4
Brad Jordan, aka Scarface, dei quattro Geto Boys è sempre stato l'elemento più riconoscibile, nonché quello capace di ritagliarsi una carriera più longeva rispetto agli altri sia per le sue doti superiori di scrittura, sia per l'acume imprenditoriale, che lo ha portato a muovere i passi corretti all'interno dell'industria musicale. Uscito già allo scoperto da solista quando ancora il quartetto di Houston era in piedi, con una coppia di dischi solisti, Scarface firma "The Diary" in piena golden era del Rap, nel 1994, accrescendo e cementando ulteriormente il proprio status di gangsta rapper di spessore all'interno della comunità Hip-Hop e che, proprio attraverso questo lavoro, avrebbe trovato uno dei momenti più alti della sua carriera. "The Diary", pur non essendo un concept album, riesce a raggruppare diverse tracce sotto la stessa ala, è lo sfogo di un malvivente immaginario che non riesce a parlare con nessuno se non con se stesso, è la rappresentazione di quella che è la cruda realtà del ghetto, che spesso viene superficialmente confusa con la violenza gratuita, quella che la fascia perbenista americana etichetta frettolosamente facendo finta che non esista. Ed è proprio questo l'oggetto del contendere di "Hand Of The Dead Body", rappata in coppia con Ice Cube e che risponde a censura, ipocrisia e finti moralismi, portando una serie di esempi che evidenziano la presenza della criticata violenza soprattutto tra i bianchi. Scarface e le sue straordinarie capacità di creare nell'ascoltatore immagini per le sue rime emergono nei bagni di sangue delle prime tre tracce, precedute da un'introduzione musicale che termina in sparatoria e che raccontano in prima persona i sentimenti di rivalsa nei confronti della gang che ha appena freddato l'amico di una vita ("No Tears"), la caccia al killer che deve pagare per le sue azioni ("Jesse James") ed una surreale scena ambientata nell'ospedale dove il nemico sta per esalare l'ultimo respiro ("The White Sheet"). Il picco, tuttavia, viene toccato con la famosa "I Seen A Man Die", che segue passo dopo passo gli stadi di un'anima che sta per lasciare il proprio corpo dopo una morte violenta, con Scarface che, ancora una volta, indossa i panni di chi osservi l'avversario del proprio territorio appena eliminato, offrendo nel contempo un flow che sembra quasi costernato. Solo due i piccoli difetti da riscontrare, riflessi nell'inutilità del soggetto di "One Time", il solito racconto pimpeggiante a sfondo sessuale, ed una "Mind Playin' Tricks 94" che poco aggiunge alle paranoie descritte nell'originale e che ne riprende con sufficienza la base, risuonandola semplicemente dal vivo, creando un insieme che mortifica il mix di liriche riprese dall'originale e che bene si mescolano a rime nuove di zecca. La produzione, più che altro fornita da Mike Dean, N.O. Joe e lo stesso Scarface, attinge dalla nuova svolta della West Coast portandola più a sud, attraverso batterie lente e dure, legate ad un buon uso di bassi, pianoforti e tastiere, che rendono la parte musicale un'ideale cornice dell'oscurità dei temi trattati. Se Scarface è considerato uno dei più grandi lyricists mai esistiti, lo deve a lavori come questo. |
TRACK LIST |
Scarface - The Diary
(Rap-A-Lot Records/Noo Trybe Records 1994)
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BEATZ |
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