Wildchild - T.G.I.F. (Thank God It's Funky)
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Reviewed by
Jonathan
VOTO (da 1 a 5)
:
3
Quanti di voi conoscono i Lootpack? Spero che la risposta sia tantissimi, in caso contrario recuperate immediatamente "Soundpieces: Da Antidote!" perchè è uno di quei pochi dischi classici che anche un amante del Rap apocrifo come me è stato in grado di apprezzare seduta stante. Per chi non lo sapesse, di fianco a un latitante Dj Romes e un più che presente Madlib faceva prepotentemente sentire la propria presenza anche Wildchild, al secolo Jack Brown (no, non è l'alter ego abbronzato di Jack Black). Rispetto a Madlib, amante dei viaggi tra generi e delle sperimentazioni (ma mai iconoclasta e distruttivo come un El-P, per fare un esempio abbastanza banale), il legame con l'Hip-Hop delle tradizioni è sempre stato più stretto per il rapper di cui stiamo parlando e "T.G.I.F." va preso come una testimonianza di ciò. Per fortuna o purtroppo. Ma partiamo dal principio; già dal titolo, "Thank God It's Funky", l'album rivendica il Funk come forza generatrice della musica Hip-Hop e, pur lasciando spazio a un po' di modernità (incarnata dalle figure di Georgia Ann Muldrow e del canadese Shash'U, i produttori principali del disco), non si discosta più di tanto da un approccio al Rap appunto molto funky. Un disco del genere è ovviamente pieno di lati positivi, l'mcing in primis: Wildchild è un signor rapper, ha un bellissimo timbro e un flow altrettanto efficace, per di più sembra trovarsi a suo agio su tutte le produzioni, a partire dall'ottima e malinconica "Field Of Dreams" per arrivare a "Clap". Tuttavia, quest'ultimo è forse il brano che chiarisce come il Funk sia croce e delizia dell'album. E' in "Clap" che emerge soprattutto l'attitudine di Wildchild di cui dicevamo e considerate che si tratta di un beat assolutamente minimale rispetto alla parata di sample e cori superblack presenti qua e là nel disco; questo pezzo, a parere di chi scrive, funziona proprio perchè si tratta della canzone meno didascalicamente Funk rispetto alle altre. Il Funk è un'attitudine che alcuni mc's hanno, si potrebbe parlare di Lugi in Italia, di Q-Tip in America o anche, e soprattutto, di Dudley Perkins. Quell'attitudine è propria anche di Wildchild, che probabilmente risulterebbe Funk anche mentre recita un elenco telefonico e ci piace per questo, il problema è che in molti brani si esagera, specie in quelli con degli inserti cantati (ad esempio in "Which Way Is Up" i gorgheggi di Jamie Lidell, altrove immenso, non sembrano sortire un effetto così positivo, così come la sofferenza del chorus di "Field Of Dreams" è davvero eccessiva), tanto enfatizzati da sembrare più una parodia che un omaggio o un revival. Non succede sempre, però. Quando infatti arriva il sempre enorme Aloe Blacc in "Soldier Story", sembra ritrovarsi quell'equilibrio che manca ad altri momenti del disco, grazie anche a un beat davvero ben costruito. Tuttavia è un caso isolato, perchè per lo più abbiamo il coro Funk, i sample riconducibili a quel tipo di sonorità e una costruzione dei brani sempre uguale ("Body Movin", "Set It Off" e "My Girls", tutti con Chalice al ritornello, sono davvero troppo simili). Fortunatamente abbiamo del Rap di alto profilo e mai noioso, ma resta comunque il cruccio di vedere un grande rapper impegnato in un disco i cui meriti principali sono quelli di suonare come cose vecchie senza rielaborarle più di tanto. E' quindi una tirata d'orecchie, si fa per dire, che diamo a chi ha curato la produzione, più che al protagonista principale. Ciò non toglie che per l'appassionato di diggin' "T.G.I.F." sia un ottimo disco, realizzato con cognizione di causa e che tiene conto delle radici, perciò non lasciatevi fuorviare per forza dai miei toni tiepidi: se è il Funk che volete, lo avrete - e anche ad alti livelli. Per tutti gli altri, il consiglio è di dare un buon ascolto prima dell'eventuale acquisto. |
TRACK LIST |
Wildchild - T.G.I.F. (Thank God It's Funky)
(SomeOthaShipConnect 2014)
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BEATZ |
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