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COMMON - ELECTRIC CIRCUS
Reviewed
by Bra
VOTO (da 1
a 5) : 5
Alcuni dischi riescono a sfiorare corde molto profonde del nostre essere, mettendo a nudo ricordi, sensazioni, desideri, emozioni; si tratta dischi da ascoltare lentamente, da scoprire un po' alla volta con infinita pazienza. Dischi di tale portata, non è un caso, sono quasi una rarità - e uno di questi si chiama "Electric Circus". Non è semplice trovare le parole adatte per descrivere un album così straordinario, un piccolo capolavoro di settantaquattro intensissimi minuti, ma tenterò. "Can I Borrow A Dollar?" (1992), "Resurrection" (1994), "One Day It'll All Make Sense" (1997), "Like Water For Chocolate" (2000) più un live meno conosciuto intitolato "Live From The Belly Up" (1997): al quinto disco, Common (Chicago) riesce ancora una volta a rimettere in gioco sé stesso e la propria arte grazie ad uno stile raffinato, accattivante e terribilmente fresco, invece che adagiarsi tranquillamente sui risultati raggiunti nel corso della propria carriera Common Sense riesce di volta in volta a presentarsi al suo pubblico in una veste diversa dalla precedente, o meglio, in una forma diversa. Quella di "Electric Circus" è una nuova chiave di lettura dell'Hip-Hop: innovazione e tradizione riunite in una sola, affascinante, anima. Un suono meno aggressivo e malizioso di "Like Water For Chocolate" (tanto per avere un termine di paragone), ma vicinissimo a una concezione che mischia Hip-Hop e Soul in proporzioni quasi identiche, conservando la forza del primo e il calore del secondo. "Electric Circus" diventa così la dimostrazione inconfutabile che l'Hip-Hop, a più di vent'anni dai suoi primi vagiti, può dirsi pienamente maturo, riuscendo a toccare picchi (tecnici, stilistici, musicali, contenutistici) sempre più importanti. Poesia, amore, vita, dolore, musica: Common è un artista straordinariamente completo e l'Hip-Hop (tutto l'Hip-Hop) dovrebbe essere fiero di poter vantare al suo interno esponenti di tale qualità. Altrettanto importante la presenza di alcune tra le voci (maschili e femminili) più belle della musica nera del nuovo millennio: Vinia Mojica, Bilal, Mary J. Blige, Cee-Lo, Jill Scott, Erykah Badu. E, ancora, una scelta melodica inusuale, complessa, spiazzante: oltre agli evidenti richiami al Soul è impossibile non lasciarsi conquistare dalle incursioni tribali ("Ferris Wheel"), Rock ("Electric Wire Hustler Flower", "Jimi Was A Rock Star"), Gospel ("Between Me, You & Liberation"), Swing ("I Am Music"); ritroviamo nomi che sono sinonimo di garanzia (?uestllove, The Neptunes, Dilla) e altri ugualmente affidabili (James Poyser, Karriem Riggins). Ogni traccia di questo disco meriterebbe uno spazio tutto suo, dunque mi limiterò a citarne solo alcune: "Soul Power", tra le tredici tracce quella che rientra in maniera più evidente nei canoni classici dell'Hip-Hop, nonché l'unica senza alcun featuring, "New Wave", meravigliosa digressione sui generis che colpisce per l'entrata di Laetitia Sadier (Stereolab) in un ritornello da brividi, cantato prima in inglese e poi in francese (<<All traces of life in our gats we carry that's used to dress humanity... this life is precious it's goddamn? Marvelous before it ever ends>>), "I Am Music", splendida, introdotta dalla voce di Jill Scott (<<Can you speak your words of bedtime I was just saying to myself the other day most of believing the magician but you're bewitching because of this I must say...>>), "Jimi Was A Rock Star", otto minuti abbondanti sostenuti dalla magica unione vocale tra Common e la Badu, un sentito omaggio a sua maestà Jimi Hendrix con tanto di assolo di chitarra nella chiusura. Non c'è bisogno di aggiungere altro, perché tutto il resto lo trovate in "Electric Circus". |
TRACK LIST |
Common -
Electric Circus (MCA
Records 2002)
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BEATZ |
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SCRATCH |
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