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MOBB DEEP - INFAMY
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Reviewed by
FuSo
VOTO (da 1 a 5)
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3/3,5
Per anni sono stati i portabandiera di uno stile definito, appunto, alla Mobb Deep: beat ipnotici e coinvolgenti, rime infiammate, musica che trasuda strada, Queensbridge allo stato puro. Gli album che a metà degli anni novanta li resero famosi, "The Infamous" ed "Hell On Heart", sono due capisaldi della East Coast più hardcore, ma già nel '99, con "Murda Muzik", il loro stile sembrò accusare qualche colpo, pur mantenendo una chiara identità. Due anni dopo, con "Infamy" (il loro quinto album), Havoc e Prodigy concedono una fetta ancora più consistente del loro stile ad un suono diverso, più aperto, molto più easy. Non siamo ancora a livelli beceri, ma purtroppo il processo di trasmutazione dello stile in commerciale sembra essere già a buon punto. Riunitisi dopo la parentesi solista di Prodigy, i due si presentano al pubblico con un album per certi versi strano, che in larga parte ricomincia la dove "Murda Muzik" si interrompeva. La maggior parte dei beat di Havoc non portano niente di nuovo (vedi "Bounce", "My Gat's Spitting", "Hurt Niggaz") e nonostante il lavoro di gente come Alchemist, Scott Storch ed EZ-Elpee al suo fianco, le tracce degne dei tempi migliori sono davvero poche. Su tutte probabilmente spiccano "I Won't Fall" e il secondo singolo estratto, "The Learning (Burn)", che in America aveva alimentato grandi aspettative per l'uscita dell'album grazie all'ottima base del Nostro e alle rime infiammate degli mc's. Interessante "Handcuffs", un beat semplicissimo, ripetitivo ed ipnotico spezzato solo dal rumore metallico delle manette del titolo, con catene e chiavi annesse. Da evitare assolutamente, invece, "Pray For Me", col featuring di Lil' Mo, nonché il primo singolo estratto, "Hey Luv (Anything)", due pezzi che abbassano terribilmente il livello globale, affiancando al Rap grezzo del duo scialbi ritornelli r'n'b. Riuscita invece la collaborazione con Ron Isley in "There I Go Again" su un beat visionario di Scott Storch e ottima anche la bonus track, "So Long". In definitiva un album che si avvicina pericolosamente ad un tipo di Hip-Hop più vendibile e che solo in parte soddisferà i vecchi fan alla ricerca di nuove gemme firmate Mobb Deep. |
Reviewed by
Bra
VOTO (da 1 a 5)
:
2
C'erano una volta papà Prodigy e mamma Havoc: i due diedero alla luce tre splendidi figlioli ("Juvenile Hell", "The Infamous" ed "Hell On Earth"), ma ad un certo punto ci si mise di mezzo la solita vecchia strega cattiva (sembra si chiamasse cash e la sua magia preferita consisteva nel comprare l'impossibile) che tramutò in due orribili mostriciattoli i due figli più piccoli ("Murda Muzik" ed "Infamy"). Forse sono stato poco chiaro, meglio ricominciare da capo. C'erano una volta i Mobb Deep, un gruppo spesso come un muro e grezzo quanto il cemento di un marciapiede, il loro stile sbaragliò l'underground e piano piano fece scuola: dal Queensbridge cominciò a diffondersi l'eco di un suono nuovo, capace di portare una ventata di freschezza che spazzasse via un periodo di allarmante pochezza. Era la prima metà degli anni '90 e la costa est era in fermento, New York finalmente aveva rialzato la testa e rispondeva al netto predominio del G-Funk con un modo completamente diverso di intendere l'Hip-Hop, grazie soprattutto alle tante piccole realtà che alimentavano sempre più quel mercato sotterraneo ancora oggi assolutamente essenziale al genere in questione. Tre album fondamentali quelli dei Mobb Deep (in particolare secondo e terzo), seguiti però da due cocenti delusioni. Certo non è semplice riuscire a mantenersi su standard di quei livelli, ma la discesa, in particolar modo con "Infamy", si è rivelata sempre più ripida. Ma vi vedo ancora perplessi, ripartiamo dall'inizio. Il ritorno dei Mobb Deep conferma (o meglio, amplia largamente) le impressioni provate qualche anno fa all'uscita di "Murda Muzik": misteriosamente scomparse le atmosfere cupe e rarefatte dei primi album, al loro posto troviamo un tentativo piuttosto esplicito di adagiarsi alle nuove tendenze il cui risultato finale è quello di una perdita assoluta di identità. Ascoltando "Infamy" ci si ritrova di fronte un gruppo pressoché sconosciuto: la forma non cambia del tutto, ma la sostanza è completamente diversa. Havoc sembra avere la fetta di colpa maggiore: ben poco da salvare nelle sue produzioni, il suono è mediamente aperto ed accessibile (scandalosa "Pray For Me") e quei pochi campioni ruvidi al punto giusto vengono immancabilmente incastrati con beat inadeguati ("Crawling"). A nulla servono le mediocri collaborazioni di EZ-Elpee, Scott Storch ed Alchemist (anche lui un po' al di sotto di quanto ci si aspetti) ed i vari featuring, rei tra l'altro di una pessima spruzzatina di r'n'b (112 e Lil' Mo se li potevano anche risparmiare!). Non fa molto di più comunque Prodigy, per nulla incisivo quando si tratta di saper dosare quel pizzico di aggressività a cui eravamo abituati. Qualcosa si salva, certo ("My Gat's Spitting", "The Learning", "I Won't Fall", "Nothing Like Home"), ma comunque non basta. Gente, nulla di nuovo all'orizzonte. |
TRACK LIST |
Mobb Deep - Infamy (Loud
Records 2001)
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BEATZ |
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