Recognize Ali – Back To Mecca II
La fervente attività di Recognize Ali conosce poche pause, tant’è che nel giro di breve tempo l’artista di origini ghanesi ha collocato il suo nome sui gradini più rilevanti della classe operaia del Rap. Spirito guerriero, attitudine grezza, priva di mediazioni, propensione alla misurazione diretta contro chiunque ne discuta le abilità al microfono, lavoro duro seppur privo di particolare notorietà, devozione e sacrificio, costituiscono i pilastri di sostegno nella costruzione di un catalogo di registrazioni dal ritmo costante e crescente, il quale non da oggi ha scaturito numerosi segnali d’approvazione fiduciaria.
“Back To Mecca II” segue a ruota il primo volume, al tempo interamente prodotto da Giallo Point e focalizzato sulla riesumazione di estetiche datate ma sempreverdi, imbottendo i suoi contenuti attraverso esercizi di abilità lirica tesi a dimostrare di poter rientrare in quella cerchia di adepti che persevera nell’interpretare la Cultura attraverso le sue radici più autentiche. Sin da quando si è affacciato sulla scena, Ali ha sempre puntato ogni sua scommessa su un modo di proporsi grezzo, carismatico, reazionario nei confronti delle più recenti mode e privo della pretesa di reinventare la ruota, inserendosi con naturalezza in un contesto prettamente coerente ai basamenti del suo credo, vale a dire grinta, totale assenza di fronzoli nell’atteggiamento artistico e assortite certificazioni di competenza.
Facile quindi intuire che pure in questo secondo giro della serie non vi siano i presupposti per rivoluzionare alcunché, centrando nuovamente il concept del disco sul riferimento fisso alla golden age, cercando di dimostrare come si faccia il Rap per davvero e attuando tutto l’arsenale tecnico/lirico in dote al protagonista, che di certo non si perde nel revisionismo poco costruttivo applicato da altri colleghi. Continua, infatti, a colpire positivamente come l’mc persista nell’aggredire il microfono con intatte dosi di fame e ferocia, tanto quanto la sua motivazione sia costantemente alta e il mirino punti sempre più in alto col trascorrere delle pubblicazioni, cercando di raggiungere l’obiettivo un passo alla volta – senza peraltro assentarsi mai troppo – ed evitando intelligentemente di scavalcare tappe considerate invece obbligatorie all’interno dell’itinerario scelto, fattore che allo stesso tempo rivela una certa dose di umiltà. Omaggiare quel Rap non ancora preso in ostaggio dalla diluizione del talento è un test ostico, i rischi sono ben noti, tuttavia il Nostro e i suoi collaboratori non cadono affatto nella trappola, propongono anzi un progetto che, in tutta probabilità, avrebbe molto ben figurato anche tra gli scaffali dei negozi specializzati di trent’anni fa, quando ci si sarebbe dovuti confrontare con tutt’altro tipo di tasso qualitativo. Conseguimento corrispondente al migliore dei complimenti che gli si potrebbero fare.
La vocalità di Ali attraversa la pelle come fosse carta vetrata, trovando limo adatto in un lotto di beat che esalta il notevole gusto compositivo di Anu EL, azionista di maggioranza del comparto sonoro e sapiente responsabile di un lavoro basato sull’amalgama tra garbati estratti Jazz e rocciose sezioni ritmiche, potente al punto da spedire dritti in fisioterapia le cervicali via via che si prende confidenza col disco. Quello del ghanese è un Rap tutto d’un pezzo, niente astrattismi, arriva dritto in faccia in soluzione univoca, senza ospitate né ragionamenti particolari e con un fascino completamente imperniato sull’attenta osservazione della fluidità degli schemi metrici, sulla ruvida ma curata conduzione nella scorrevolezza delle sillabe e delle assonanze, sul saltuario utilizzo di giochi di parole e similitudini a effetto, utili a creare strutture liriche rimembranti il miglior Rap d’antan.
Si alzerà di sicuro la glicemia degli amanti di ambientazioni grasse, sporche, impolverate, caratteristiche molto ben riassunte in passaggi quali “Belly Of The Beast”, la quale propone una ricostruzione del sample classica e infallibile, un clima da bassifondi, batteria rozza e un flow coordinato attraverso frequenti momenti di pausa per poi gettarsi a capofitto nella dizione a perdifiato. “Rec Is The Illest” è squisitamente anni novanta, epoca cui ci si riferisce in maniera evidente con due tonalità di basso alternate in fulminea successione, tre corde messe in loop e un rumore spettrale come sottofondo, ove Ali offre la sua personale interpretazione del madman inoltrando sentiti omaggi a Onyx e ODB nella mimica espositiva, legando le barre col fil di ferro negli agili passaggi da una vocale all’altra, e nel disegno di una metrica ricca di sillabe multiple. “Zig Zag Zig” è adrenalina pura, il duplice campione di tromba è suturato ad arte e la cassa è gradevolmente arida, dando luogo a composizioni senz’altro usuali, ma elettrizzanti per come risultano ben congegnate.
I testi proseguono a spron battuto nell’autoindulgenza cavalcando succulenti sample ipnotici abbinati a spruzzate appena accennate di morbidi fiati, come nel caso dell’eccellente “Moonwalking” architettata dal canadese Sibbs Roc, l’argomentazione tematica resta indissolubilmente aderente al concetto offrendo pacchi di stile e rispetto per le regole del gioco, incidendo il tutto con un profondo quid di personalità che raggiunge un particolare picco d’entusiasmo su “Dinosaur Bone Collector”, assemblata da Giallo Point su un oscuro giro di piano. Diverse altre sono le vigorose combo tra sezione ritmica e loop che lasciano l’unto sulla teglia, con “Mad Years In The Game” a fornire ambizioni di dominanza lirica sopra una seducente chitarra, la sotterranea “What You Need” a rubare il proscenio a mani basse ed “Extra-Terrestrial” a manipolare come si deve una linea vocale per supportare altre dosi di liricismo di vocazione bellica. Scendendo per un attimo nella pignoleria, c’è da segnalare un lieve calo d’intensità in giusto un paio di tracce finali, quando l’argomento è oramai ridondante e l’approccio diviene menzionante giusto quel tantino in eccesso, facendo di “Duck Down”, i cui contenuti sono ampiamente prevedibili dal titolo, e “Rec Wuz Here”, impostata su routine antiquate, episodi che alla lunga potrebbero condurre a qualche skip.
Ennesimo timbro di qualità sull’inarrestabile marcia che Recognize Ali porta avanti a passo di soldato, “Back To Mecca II” risiede con pochi dubbi tra le migliori offerte di questo periodo – e non certo per motivazioni esclusivamente riconducibili alla nostalgia. Questo trinomio tra liriche ad alto voltaggio, beat sovrappeso e scratch affilati è perfettamente in grado di soddisfare i palati più esigenti, in particolar modo quelli di chi rimane leale verso il Rap più classico e non si arrende al trionfo dell’incapacità poggiata su glamour apparente e meccanicità da social media, con quantitativi di sostanza prossimi allo zero: in pratica, l’esatto contrario di ciò che si trova su questi solchi di puro acciaio.
Tracklist
Recognize Ali – Back To Mecca II (Greenfield Music 2023)
- Up In The Sky
- Mad Izm
- Belly Of The Beast
- Extra-Terrestrial
- Mad Years In The Game
- Rec Is The Illest
- Zig Zag Zig
- Mic-Tyson (Intermission)
- Moonwalking
- Dinosaur Bone Collector
- What You Need
- Duck Down
- Corona Killer
- Rec Wuz Here
Beatz
- Anu EL: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 13, 14
- Sibbs Roc: 9
- Giallo Point: 10
- Hobgoblin: 12
Scratch
- Dj Tone Spliff: 3, 4, 11
- Giallo Point: 10
- Dj Tray: 13
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