Roc Marciano – Marciology
A cult… La piccola dicitura apposta in basso, sotto alle dieci lettere in rosso del titolo, è più di un’orgogliosa puntualizzazione. Nell’Hip-Hop degli ultimi due o tre lustri non credo ci sia stato un termine più abusato di culto: chiunque abbia visto crescere le proprie quotazioni, venduto qualche copia (sovente autoprodotta) o vissuto il suo quarto d’ora di celebrità, ha preteso di riconoscere attorno a sé un seguito, una stima, un’adorazione quasi religiosa, a prescindere dai frutti concretamente raccolti; Roc Marciano, rapper e produttore classe ‘78 di Hempstead, con una paziente gavetta sulle spalle che vale già un’intera carriera altrui, è tra i pochissimi a potersi attribuire quel ruolo con cognizione di causa, avendo contribuito a fissare le più recenti regole del gioco fin da “Marcberg”, esordio solista pubblicato circa quindici anni fa. Undici, più qualche progetto collaterale e una manciata di cartelle affidate a terzi, gli album rilasciati in quest’intervallo, “Marciology” compreso; un passo di per sé significativo, a maggior ragione considerandone la ragguardevole media qualitativa: dire quale tra “Reloaded”, “Rosebudd’s Revenge”, “Marci Beaucoup”, “Kaos” (con Dj Muggs), “Marcielago” o “The Elephant Man’s Bones” (con The Alchemist) rappresenti il vertice più alto di questa generosa progressione è un esercizio di scarsi interesse e utilità (laddove vi occorra un dettagliato recap, potete sfogliare il nostro archivio all’apposita voce alfabetica), la costante è data però da una resa inscalfibile.
Quel che è certo, è che in questi tre quarti d’ora di durata la filosofia musicale di Marciano, il suo approccio all’mcing e al beatmaking (con un paio di contributi a testa per i fidatissimi Animoss e Alchemist), risplendano in maniera cristallina, senza alcun tentennamento. Tra i pregi più evidenti di “Marciology” c’è proprio la sua ostinazione, l’assoluta indisponibilità a ogni sorta di compromesso, tema che da un lato foraggerà i dubbi di una minoranza critica tendente a ritenere immobile, ridondante, lo schema base di un’intera discografia, dall’altro confermerà l’eccezionalità e la rilevanza di una caratura artistica che è valsa da esempio a tanti, conquistando una fan base – e così torniamo alle righe introduttive della recensione – solida, fedele e dai gusti esigenti. Quale che sia la vostra opinione in merito, il percorso ha tracciato un solco profondo nella scena underground, per la quale è di fatto un benchmark, e la tracklist in oggetto non sarà da meno, a cominciare da un singolo – “Gold Crossbow” – che non smorza di una virgola tono e registro: se le parole sono minacciose (<<got more style in my small toe than your whole torso/I outta burn your whole wardrobe/…/talkin’ about the bullet holes in your daughter room/that’s the warning when you ignore the rules>>), la follia di una strumentale che pesca addirittura “Sarà stato il futuro” di Augusto Martelli non offre nessun appiglio a chi necessiti di andature un filo più easy.
<<My artistic prowess, these are God given powers/cowards ain’t wanna give me my flowers, it’s childish/don’t make me beat a bitch down on some Chris Brown shit/and spin the block in your town ‘cause I’m well-rounded>> (“Goyard God”): prepotenza e maniere forti sono il filo conduttore di un racconto sopra le righe, intinto nella blaxploitation e carico di egocentrismo. Un fitto campionario di stuzzicante aneddotica biografica (<<I was slingin’ raw when New Yorkers was sportin’ British Walkers/dippin’ in Porsches when I jumped off the porch, I was piss poor>> – “True Love”), descrizioni parecchio colorite (<<it ain’t a wet dream when your team get hit/glock 19 with the dick, nah, that’s not a penis print in my Adidas sweats>> – “Bebe’s Kids”), aforismi ad personam (<<a man’s worst enemy’s his own pride and ego/five keys of blow’ll bring a rise to my libido>> – “Went Diamond”) e un quid di sarcastico pragmatismo (<<I’m just tryna make the magic last/don’t get caught in a trick bag/can’t have one foot in Rap and one in quicksand/that shit don’t make no sense, fam>> – “LeFlair”). Al netto di quotable che potremmo elencare puntando il dito a caso, la sostanza rimane inalterata: Roc Marciano fa ciò che fanno in molti (spesso imitandolo), ma con una freschezza ineguagliabile, resa plasticamente da un’operazione manifesto quale “Marciology” con consapevolezza è.
A un flow sinuoso e ipnotico (pigro, a detta di chi non lo capisce), alla capacità di proporre immagini vivide pur attingendo sempre dal medesimo serbatoio e all’integrità caratteriale, occorre infatti aggiungere una raffinatissima coesione d’insieme. Ci riferiamo anzitutto alla componente dei featuring, che riannoda fili preziosi quando chiama a sé T.F e Jay Worthy, patrocinati dal Nostro in “Blame Kansas” e “Nothing Bigger Than The Program”, o trova in Larry June, Knowledge The Pirate e Crimeapple (che in “Killin Spree” sollecita i ricordi in scia ai vari colpi assestati dal protagonista: <<when “Marcberg” dropped, I couldn’t afford a modem/was disconnected at the moment/when I heard “Reloaded”, cheddar had started flowin’>>) dei partner infallibili. Simile, infine, il discorso riguardante i suoni, con Marciano stesso che sfiletta gustose linee di pianoforte e immancabili sample Soul, supportato dagli eccellenti interventi di Alchemist e Animoss, in particolare quando si avvicendano nel tratto centrale del disco, tra “Bad JuJu”, astratta e visionaria oltre ogni limite, e “Tapeworm”, sulle cui note sembra aleggiare lo spirito mascherato di MF Doom. E quindi, riassumendo: in una nicchia per certi versi stanca, annacquata da cloni e uscite indistinguibili, riuscire a essere davvero originali non è prerogativa di tutti, salvo chiamarsi Rakeem Calief Myer.
Ora, se nel mentre qui da noi il chiacchiericcio verteva su Neffa che è tornato a fare il Rap e gli Articolo 31 che hanno annunciato i dettagli del loro atteso ritorno in gruppo, contributi senz’altro decisivi nella quotidiana lotta per salvare l’Hip-Hop, c’è il rischio che qualcuno si sia perso l’ennesima perla di Roc Marci; ecco, a quei luminari che hanno sprecato speso tempo e fantasiose digitazioni alla tastiera per tentare di dire qualcosa di sensato su due notizie di tale portata, sconsiglio di avvicinarsi a “Marciology”: lasciatelo a noi, perché voi non lo meritate. Grazie di cuore.
Tracklist
Roc Marciano – Marciology (Pimpire Records 2024)
- Marciology
- Goyard God
- Gold Crossbow
- True Love
- Bebe’s Kids
- Bad JuJu [Feat. Larry June]
- Tapeworm
- Killin Spree [Feat. Crimeapple]
- Went Diamond
- Higher Self [Feat. T.F and Flee Lord]
- LeFlair
- On the Run [Feat. Jay Worthy]
- Larry Bird [Feat. Gre8t Gawd and Knowledge The Pirate]
- Floxxx
Beatz
- Roc Marciano: 1, 3, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 14
- Animoss: 2, 7
- The Alchemist: 6, 10
Bra
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