Roc Marciano – Mt. Marci
Nel corso dell’ultimo quadriennio, Roc Marciano ha timbrato il cartellino con metodica puntualità e quasi sempre in concomitanza all’arrivo delle temperature più rigide: febbraio 2017 “Rosebudd’s Revenge”, febbraio 2018 “RR2 The Bitter Dose” (annata di particolare abbondanza, sugellata a settembre da “Behold A Dark Horse” e a ottobre da “Kaos”, al fianco di Dj Muggs), dicembre 2019 “Marcielago” e, dulcis in fundo, novembre 2020 “Mt. Marci” (dopo aver prodotto, a marzo, “Reasonable Drought” del suo pupillo Stove God Cooks). Probabile casualità o meno, la stagione invernale, il cielo grigio e il respiro che si condensa sono elementi scenografici che associamo con immediatezza ai racconti in rima dell’mc, autore tra i più prolifici dell’ultima decade con una schiera di titoli – nove! – che ne hanno decretato uno status prossimo al mito; e non esagero.
L’attività del rapper classe ‘78, che ha prima militato nella Flipmode Squad e poi guidato il collettivo The UN, si è consolidata nel segno di un’indipendenza e di un integralismo che hanno letteralmente fatto scuola: la vendita senza intermediari di copie fisiche e merch, sovente a prezzi da collezionismo, l’estetica musicale asciutta e la definizione di un profilo identitario molto marcato, ben distinto dalla miriade di colleghi orbitanti tra underground e mainstream, sono caratteristiche che riscontriamo in numerose realtà emerse nel recente passato, ispirate appunto da quelle figure che, al di fuori del circuito delle label, hanno utilizzato la rete e i social per accorciare al minimo la distanza con l’utenza. In ciò, Roc Marci è stato una sorta di pioniere: la sua formula, stoica come poche, ha chiamato a sé un crescente seguito di appassionati, per lo più nostalgici di un Hip-Hop che, magari con le sue indiscutibili ridondanze, al divismo antepone delle ottime rime e un sound di facile riconoscibilità.
Che è quanto troverete in “Mt. Marci”, ennesima prova convincente per l’artista e tassello aggiuntivo di un percorso che nella sua linearità – forse perfino troppa, a individuarne un potenziale difetto – non presenta oscillazioni rilevanti. Lo diciamo per dovere di chiarezza: se già “Reloaded” vi sembrava una postilla di “Marcberg”, riteniamo sia inutile tentare oltre; l’album, pur con piccole novità nella tracklist, ha infatti ancora quel timbro cupo e cinematografico che è al centro delle cronache di Marciano, i cui resoconti in prima persona non sono pagine di un diario né intime introspezioni, bensì plot figli di un immaginario che si è formato sulle ceneri della blaxploitation. Tornando però a una scaletta puntellata da qualche inserimento inedito, segnaliamo anzitutto l’indovinato coinvolgimento di Jake One nell’estratto video “Downtown 81”, brillante composizione che si allinea alle precise geometrie del padrone di casa nel taglio dei sample; stesso dicasi per gli interventi di ScHoolboy Q in “Covid Cough”, che alla boria di Marciano (<<with the pen, they say I’m Hemingway, I’m a heavyweight/I’m better than niggas in every way>>) replica con pari immodestia (<<‘cause I will not lose, I got nothing to prove/I sold twenty, made twenty, I’m in the shadow of who?>>), e Kool Keith nella visionaria “Broadway Billy”, a suo completo agio nel clima tetro del brano.
Il resto, come accennato, rientra pienamente nella copiosa produzione del protagonista: lo stile aspro di “Steel Vagina”, la cui ironia tutt’altro che solare fa il paio con un malinconico giro di piano (<<my words and thoughts is a murder charge on a song/rappers play this at home alone, on the low, like it’s porn>>), il beatmaking minimale e circolare di “Butterfly Effect” e “Garbage Pal Kids” (altra clip ufficiale), le ambientazioni malfamate di “Pimps Don’t Wear Rabbits” (<<whippin’ white, twist the Swiss knife in your kid’s rib side/give you wings, you can kiss the sky/everyone on the ship died and got caught in the riptide/your body drift down the riverside>>), la tensione narrativa di “Baby Powder” e le efficaci riconvocazioni di Action Bronson in “Spirit Cookin” e Stove God Cooks in “The Eye Of Whorus” delimitano il perimetro di un’uscita che se da un lato rispecchia in toto le premesse, dall’altro conferma il talento cristallino di un interprete meticoloso e originale, incontestabile punto di riferimento all’interno di una scena che dal suo ricco frasario, dalla sua prosa cruda e dalle sue strumentali severe ha tratto più di un termine di paragone.
Nei suoi cinquantatré minuti di durata, “Mt. Marci” zoppica solo in una manciata di episodi (se “Wiked Days” e “Crockett N Tubbs” fossero state espunte dal progetto, di certo non ne avremmo sofferto); l’insieme è tuttavia all’altezza di una discografia assemblata per intero senza aiuti importanti provenienti dall’esterno, contando in primis su energie, iniziative, strategie e abilità intestabili a Roc Marciano medesimo. Laddove siate dei patiti del genere, si tratta di un ascolto obbligato.
Tracklist
Roc Marciano – Mt. Marci (Marci Enterprises/Art That Kills 2020)
- Intro – Allegories
- Downtown 81
- Covid Cough [Feat. ScHoolboy Q]
- Wheat 40’s
- Spirit Cookin [Feat. Action Bronson]
- Pimps Don’t Wear Rabbits
- Butterfly Effect
- The Eye Of Whorus [Feat. Stove God Cooks]
- Steel Vagina
- Broadway Billy [Feat. Kool Keith]
- Baby Powder
- Trenchcoat Wars
- Wiked Days [Feat. Trent Truce]
- Garbage Pal Kids
- Crockett N Tubbs
- Mt. Marci
Beatz
All tracks produced by Roc Marciano except tracks #2 by Jake One and #11a by Chuck Strangers
Bra
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