Rome Streetz & Daringer – Hatton Garden Holdup

Voto: 4

L’ondata si è placata? Ha espresso da tempo il proprio massimo? E’ entrata in una fase di pericolosa stagnazione? Spulciando tra le nostre recensioni, unendo i puntini come si fa con il famoso gioco dell’enigmistica, troverete una risposta – se non definitiva, univoca – quanto più prossima alla somma delle nostre opinioni. Comunque la si pensi, tuttavia, il valore di alcuni titoli prescinde dalla loro collocazione in questa o in quell’altra categoria, discorso che calza a pennello per “Hatton Garden Holdup”: di Rome Streetz abbiamo seguito buona parte delle svolte che ne hanno decretato la meritata promozione tra i big dell’underground (“Death Magician” con Dj Muggs, “Coup De Grâce” con Ransom, fino al solista “Kiss The Ring”), Daringer è stato – ed è – tra i produttori di spicco di quest’ultima decade, Griselda gli deve più di qualche pacca sulla spalla e non è neppure l’unica; quindi il risultato è dato? Sbrigativamente, considerando la qualità delle singole prove, verrebbe da dire ; rispetto però a un “Wasn’t Built In A Day” (con Big Ghost Ltd), la sensazione è che il passo sia un po’ più articolato, munito di quella personalità che a nove uscite su dieci manca.

Lo scarto è dovuto in misura consistente al beatmaker di Buffalo classe ‘85, che se da un lato ha contribuito a settare le atmosfere del Gangsta Rap di ultima generazione, qui ha la felice intuizione di allargare la gamma melodica con soluzioni meno canoniche, aggiunta di ingredienti e sfumature che giovano alla riuscita complessiva e al numero di riascolti della corposa scaletta. Quattordici brani per tre quarti d’ora di durata, assetto completatosi dopo il recupero di “Black Widow”, bonus track che, per l’ipnotico giro di pianoforte ripetuto da principio a fine e la presenza non secondaria di Westside Gunn, non a caso si rivela quale piccola intrusa all’interno di un’operazione che tende appunto a smarcarsi da un’aderenza troppo rigida al canone cui a prescindere appartiene. Dal timbro parecchio nineties di “100 Schemes”, che alla lontana evoca i tagli Jazz dei Beatminerz, all’utilizzo di elementi quasi industriali per “Jimi’s Headband”, violentissima nel suo essere scarna, Daringer inserisce variazioni di percorso che spezzano la linearità altrimenti in agguato, riducendo altresì la presenza di beat drumless (un paio in tutto).

Così nel primo estratto video, “Starbvxkz”, la cui pasta scura viene puntellata da cassa e rullante per il più classico sfoggio di autocelebrazione (<<don’t even gotta ask who run this shit, it’s evident/their strugglin’ll last, them other pricks irrelevant/worldwide with the splash, they salute me like the President/in pursuit of the bag, I did it bad when they let ‘em in>>). Immancabile, come ci aspetteremmo, il riferimento all’esperienza criminosa (<<yeah, probably woulda slowed my roll if the younger me could see this shit/I was crooked from a lot of bookin’, two phone juugin’, deep in the field/lost to my homies to the grave and the cage, so, lately I don’t know how to feel/’85ers don’t know how to build, I put brick after brick after brick after brick>>), in una “Space X” che incuriosisce per l’extrabeat, tecnica non tra le più ricorrenti nel curriculum dell’mc. Il quale oramai vanta competenze certificate, perciò non ha nulla da temere nei confronti più rognosi dell’album: l’ottima “Cadillac Smoke” con Meyhem Lauren, sul bel sample Krautrock di “Stormy Days” dei Jonathan, “Pro Tro” con Conway The Machine e l’intensa “Weight Of The World” con Cormega.

Ma, senza nulla togliere a queste ultime, il registro più originale è quello di “Sage”, scelto per ospitare lo stile cadenzato, a tratti spezzato, di ScHoolboy Q, con Rome che esce a testa alta dall’esperimento. Il resto attiene ai muscoli e al carattere, con barre che vanno a segno (<<a work of art, that’s why all these marks try to trace me/but they’ll never see me like Banksy/amazing artist, but I started out a street fighter like Zangief/it was jail, drugs, gangs, grief>> – “Jimi’s Headband”), agganci gustosi (<<I need the cream on some Wu-Tang Clan shit/that’s only way my right hand itch>>“Spike”) e linee sinistre, dopate, che nell’ovvietà dei temi trattati incontrano strumentali da urlo e tanto basta (“Drive By”, “Reap What You Sow”). “Hatton Garden Holdup” non va molto oltre questa soglia, né lo si pretendeva: quel che doveva fare, lo fa nel migliore dei modi, imponendo il duo tra i più attrezzati in circolazione. Per liriche, suoni e combinazioni, la resa non lascia spazio a dubbi: si tratta di uno dei dischi più interessanti di questi mesi, in grado di trovare una certa dose di freschezza anche in un contesto, ci ripetiamo, la cui ridondanza ha preso il sopravvento su talenti di oggettivo spessore.

Usciamo dunque da un discorso che meriterebbe riflessioni più accurate, per ribadire che di buon Hip-Hop in giro ce n’è ancora e probabilmente continuerà a essercene, come dimostrano Rome Streetz e Daringer. I quali non hanno fatto nulla di epocale, non hanno pubblicato un capolavoro, non hanno rotto in via definitiva uno schema; hanno trovato una chiave propria per confermarsi protagonisti di una nicchia che, con artisti come loro, può avere ancora qualcosa da dire.

Tracklist

Rome Streetz & Daringer – Hatton Garden Holdup (The Influenyce Enterprise 2024)

  1. Ace Of Base
  2. Starbvxkz
  3. Sage [Feat. ScHoolboy Q]
  4. Drive By
  5. Cadillac Smoke [Feat. Meyhem Lauren]
  6. Black Widow (Bonus Track) [Feat. Westside Gunn]
  7. 100 Schemes
  8. Spike
  9. Pro Tro [Feat. Conway The Machine]
  10. Weight Of The World [Feat. Cormega]
  11. Jimi’s Headband
  12. Space X
  13. Reap What You Sow
  14. Heavy Traffic

Beatz

All tracks produced by Daringer

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