Sage Francis – Copper Gone
La Strange Famous Records ha uno slogan: what doesn’t kill Hip-Hop only makes it stranger. Bene: no! Ti risparmio il pippone da purista sull’Hip-Hop, Sage, parliamoci da hater a hater. Il disco precedente, “Li(f)e”, sembrava un sottinteso addio all’Hip-Hop, scena che a Francis è sempre stata un po’ stretta. Ma poi, sorpresa, quando a quattro anni di distanza annuncia l’uscita di “Copper Gone”, lo fa dicendo I can’t leave Rap alone, the game needs me. Ancora una volta: no! E se per “Li(f)e” non ce l’eravamo sentita di dare un voto, se Sage Francis a questo giro è convinto di aver fatto un disco Rap, ok, sarà recensito come tale.
In questi quattro anni glie ne sono successe di ogni: un lutto importante, la fine di una relazione… Se già prima era depresso, figuriamoci ora. Le tinte vivaci che colorano le atmosfere di Sage Francis ci sono sempre: la depressione, le idee suicidiarie, la frustrazione, l’isolamento, il dolore ma soprattutto la rabbia. Se negli album precedenti questa valle di lacrime era intervallata da punchline e ironia, in “Copper Gone” sembra invece di vedere un pugile bendato su un ring da solo. Si sentono la rabbia e l’odio, ma non si capisce bene verso chi e verso cosa, di sicuro manca completamente l’autoironia e il sarcasmo a cui Sage ci aveva abituati, lasciandoci solo la carogna. Di certo odia se stesso, basti sentire i beat, se così possiamo definirli, che ha scelto per quest’album e la malsana idea di scrivere i testi in collaborazione con poeti che è evidente non abbiano la minima idea di cosa sia una tecnica nello scrivere un pezzo che andrebbe rappato e non recitato.
L’inizio di “Copper Gone” non è malissimo, “Pressure Cooker” e “Grace” sono due delle tracce che si salvano (in totale ne contiamo sulle dita di una mano – e pensare che l’album ha quattordici pezzi!), il che la dice lunga. La prima rende l’idea di quell’Indie Rock che predomina come sonorità in tutto il disco, la seconda è come ci sarebbe piaciuto sentirlo. Purtroppo (?) lo slam poetry non è il Rap. Manca lo stile, manca un flow, mancano le rime, manca anche della musica decente su cui farle; possiamo soprassedere sui contenuti, volendo, ma in un disco io mi aspetto della buona musica che più o meno risponda al genere nel quale si categorizza, anche se esce per un’etichetta che in effetti supporta dei poeti. All’Hip-Hop non manca niente se si ha bisogno di esprimersi, basta essere capaci di farlo, e Sage Francis lo era, pensiamo all’intensità di “Personal Journals”.
Di vecchie conoscenze restano solo Reanimator, Alias e Buck 65. Alias offre uno dei suoi beat sognanti, Elettronico ma morbido, che viene usato malissimo in “The Set Up”, il lavoro di Buck 65 ha più fortuna in “Make Em Purr”. Fra la rabbia non ben giustificata ed espressa con troppi giri di parole e queste chitarre da Rage Against The Machine quand’erano alle elementari, alla fine il risultato è un prodotto che risulta pesante, che lascia esausti e provati al termine dell’ascolto, con tanti punti di domanda e – se avrete il coraggio di andare avanti fino alla fine prestando attenzione ai testi – alcuni di questi vi sembreranno tragicomici. Da “Pressure Cooker”, libero elenco delle cose che non funzionano (<<there’s a difference between gambling addiction and making love to Lady Luck/erectile dysfunction and being afraid to fuck/the pressure’s always building, I simply can’t wait to erupt/both sides of my bed are the wrong one and I’m always waking up>>), “Grace”, la non-ballata d’amore dedicata alla ex che voleva convincere Sage Francis a curarsi (altro che canzone accusatoria, ci voleva un’ode), “ID Thieves”, che è la lettura random di appunti trovati per caso, “Dead Man’s Float”, che potrebbe vedere la partecipazione di Virginia Woolf, “Thank You”, la canzone tributo al padre morto, “Make Em Purr”, ovvero quella dedicata…ai gattini, giuro! Ed è una delle migliori!!!
Intorno alla nona traccia ho iniziato a sperare che quella successiva fosse prodotta da Swiss Beatz e parlasse di club e puttane. Chiaro? Non si poteva pretendere da Sage Francis un album coi quattro quarti, boom-cha, yo e via dicendo; ma un bell’album, denso della sua capacità di far suonare le emozioni forti, questo sì. Addio, Sage.
Tracklist
Sage Francis – Copper Gone (Strange Famous Records 2014)
- Pressure Cooker
- Grace
- ID Thieves
- Cheat Code
- Dead Man’s Float
- Over Under
- Make Em Purr
- Vonnegut Busy
- Thank You
- The Set Up
- The Place She Feared Most
- Once Upon A Blue Moon
- Say Uncle
- MAINT REQD
Beatz
- Cecil Otter: 1, 5
- ALXNDRBRWN: 2
- James Hancock and Poindexter: 3
- Reanimator: 4, 11
- Le Parasite: 6
- Buck 65: 7
- Prolyphic: 8
- Anders Parker: 9
- Alias: 10
- Dub Sonata: 12
- John Ash: 13
- Kurtis SP: 14
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