Salmo – Playlist
Chi conosce la discografia di Salmo nella sua interezza, ricordando l’impatto di un esordio potente quanto “The island chainsaw massacre”, il meritato approdo in Tanta Roba con “Death USB” e “Midnite”, dunque il raggiungimento della piena maturità artistica con “Hellvisback” (il tutto in una finestra temporale di soli cinque anni), non si sorprenderà di fronte all’ennesima correzione di rotta che caratterizza “Playlist”. Il quale completa quella manovra di avvicinamento che, muovendo da un’attitudine Breakcore e Noise, passando per i bassi violenti della Dubstep, mischiando chitarre e synth, porta dritti verso la musica Pop.
Pop, esatto – non è una parolaccia. Nel 2018 il Pop è quel genere di mezzo che ricorre al Rap, combina accenti musicali di vario tipo, spesso utilizzando la cassa dritta, raccoglie i consensi dell’utenza più giovane, è alla portata di un pubblico generalista e, nel guardare con decisione al presente, rifugge tutto ciò che potrebbe richiamare la tradizione; in questo senso – consentiteci l’iperbole – “Playlist” è un disco quantomeno confinante col Pop. Lo è nella piatta critica sociale di “90 min”, che fotografa i difetti e le contraddizioni dell’Italia attraverso un lungo e innocuo elenco d’immagini; lo è nei facili ritornelli di “Cabriolet” e “Sparare alla luna”; lo è nel sound ballabile e chiassoso di “Ho paura di uscire”; lo è nel flow spezzettato di “PXM”; lo è nei riferimenti gratuiti allo star system (<<se penso ad Asia Argento sono ricco dentro/perché manco se mi paga glie lo ficco dentro>>); lo è senza mezzi termini in un brano d’amore come “Il cielo nella stanza”.
Sia chiaro che non è sotto esame la coerenza di Salmo, né si vuol tentare di dire che la direzione presa qui manchi di una sua dignità o difetti in fase realizzativa – al contrario, la cura per il dettaglio è indiscutibile; l’impressione che ricaviamo dall’ascolto complessivo, tuttavia, è quella di un approccio normalizzato, distante dallo spirito anarchico e dall’inventiva che ritrovavamo – per citarne qualcuna – in “Yoko Ono”, “La prima volta”, “Russel Crowe” e “1984”. Con le dovute eccezioni, certo: la spocchia di “Ricchi e morti”, equipaggiata con dosi generose d’ironia (<<oh mio Dio sono proprio quello/che quando arriva gli apri lo sportello/sono figo, sono bello, fotomodello/e cavalco queste cagne come sBorriello>>), è un guilty pleasure da manuale; “Dispovery channel”, complice un ottimo Stabber, è una mina e si aggiudica il miglior featuring dell’album (l’intesa con Nitro è oramai a tenuta stagna); “Perdonami”, che ha imposto all’attenzione il giovanissimo Tha Supreme, conferma l’abilità del padrone di casa nel misurarsi con una gamma pressoché sterminata di suoni (farciti con un po’ di sana rissosità: <<e cazzo ti ostenti?/Se vivi di stenti/sei un tipo stipato che sogna stipendi/staccare gli assegni/pirata ai Caraibi/ho un flow da karate, ti levo i carati dai denti>>); con “Lunedì”, infine, il sipario cala nel segno dell’introspezione e della malinconia.
Episodi che soddisferanno sia i fan della prima ora che gli ultimi arrivati, recuperando terreno su una prova che in diversi frangenti lascia nel fodero il famigerato machete. E che deve ancora fare i conti con qualche collaborazione di cui si poteva fare a meno (la fantasia del Fibra nazionale è al minimo storico in quanto a giochi di parole: <<spendo un capitale ma non siamo a Roma>>), dei cambi di scenario talvolta radicali (passare dalla morbida voce di Nstasia a un interludio strumentale quasi Metal fino alle stranezze di “Ora che fai?” è un azzardo niente male) e distrazioni di scarso interesse (il triangolo tra Rolling Stone, Salmo e Sfera Ebbasta, col primo che mette zizzania tra i due, il secondo che ospita il terzo e dissa il magazine canticchiando in “Cabriolet” <<volevo fare il batterista, suonare con un gruppo Rock/meglio che fare il giornalista e pensare sia un lavoro scrivere su Rolling Stone>>, prestandosi poi a intervista e copertina, è pura e semplice fuffa).
Come da titolo, insomma, “Playlist” si rivela un progetto disorganico, sfaccettato più del necessario e adulto solo in parte, realizzato però da un perfomer poliedrico, camaleontico, a suo agio con tutte le possibili declinazioni dell’Hip-Hop italiano. Arriveranno i record su Spotify; le vendite andranno alla grande; i forum di Roma e Milano si riempiranno; come da programma, in attesa che tocchi al prossimo.
Tracklist
Salmo – Playlist (Sony Music Italia 2018)
- 90 min
- Stai zitto [Feat. Fabri Fibra]
- Ricchi e morti
- Dispovery channel [Feat. Nitro]
- Cabriolet [Feat. Sfera Ebbasta]
- Ho paura di uscire
- Sparare alla luna [Feat. Coez]
- PXM
- Il cielo nella stanza [Feat. Nstasia]
- Tiè
- Ora che fai?
- Perdonami
- Lunedì
Beatz
- Salmo e Ron “NEFF-U” Feemster: 1
- Salmo: 2, 6, 8
- Salmo e Antianti: 3, 10
- Stabber: 4
- Salmo e Charlie Charles: 5
- Ceri, Low Kidd, Marco Azara, Andrea Sologni e Anansi: 7
- Salmo, 2nd Roof e Marco Azara: 9
- Salmo, Frenetik e Orang3: 11
- Tha Supreme: 12
- Salmo, Frenetik, Orang3 e Lazza: 13
Bra
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