Skyzoo and Pete Rock – Retropolitan

Voto: 4

Nella maggior parte dei casi, è buona regola avviare una recensione introducendone i protagonisti principali, accorgimento che consente a chiunque (o quasi) di disporre delle coordinate necessarie per orientarsi all’interno del discorso. L’eccezione è data da quei progetti che vantano autori sulle cui discografie non è consentito avere lacune, come quando in copertina spiccano l’uno accanto all’altro i nomi di Pete Rock e Skyzoo; approfittiamo quindi dell’occasione per correggere l’oggetto della premessa e ricapitolare in breve l’annata della Mello Music Group, cospicua per quantità e per qualità. La label di Tucson, rimasta tra le pochissime a vantare un roster strettamente Hip-Hop, si appresta a chiudere dodici mesi caratterizzati da un’andatura costante, decisa, volta a premiare i gusti dell’utenza più ortodossa, a suo agio di fronte a un catalogo che comprende (cito in ordine di apparizione) Elaquent, Quelle Chris, Nolan The Ninja, Chris Orrick, Georgia Anne Muldrow, Kool Keith, Joell Ortiz, Ras Kass, la conferma del duo L’Orange & Jeremiah Jae, Homeboy Sandman e Apollo Brown. Oltre, appunto, a Skyzoo e Pete Rock, già apparsi sotto il logo a forma di corona con – rispettivamente – il collaborativo “The Easy Truth” e “PeteStrumentals 2”.

Da dove origini questa potenziale sintonia è presto detto: nei circa dieci anni intercorrenti tra “The Salvation” e l’eccellente “In Celebration Of Us”, senza dimenticare la parentesi dei “Barrel Brothers” in coppia con Torae, l’mc di Brooklyn ha omaggiato innumerevoli volte la sua New York, nella dimensione sociale come in quella artistica; “Retropolitan” – che nei colori sociali richiama i Knicks – gli consente di affiancare uno tra i beatmaker più importanti di sempre della Grande Mela (in un’ipotetica top five, lui c’è!), perciò l’album va anzitutto inteso come una chiusura del cerchio, ideale punto d’incontro tra generazioni consecutive e per nostra fortuna legate da una visione comune sul destino della Cultura Hip-Hop. Zoo non ci gira attorno e, subito dopo l’intro, celebra in “Glorious” l’occasione concessagli (<<glorious, like Pete on an SP calling this/a ‘95 dream come true with no doors on it, right?>>), allertando nel breve monologo conclusivo i cinque boroughs, chiamati a una maggiore unità d’intenti (<<this a love letter and a wake-up call to the city>>).

E’ per questa ragione che la particolare scelta compositiva di “Retropolitan”, consistente nell’utilizzo di strumentali (inedite) estratte per lo più dai vecchi hard disk di Pete, appare coerente con un impianto tematico che nell’estetica asciutta del sound nato lungo il quarantunesimo parallelo trova il proprio collante naturale. Rapporto che nel primo estratto video, “It’s All Good”, risulta perfino simbiotico: le tre strofe sono un libero collage di episodi, immagini e osservazioni (<<crown draped over my dome before I could get a word/ever since they drove down my block carrying Biggieʼs urn/…/yo, you ever been surrounded by Police/and overhear them whispering to plan where to throw a ki?>>), scandite sopra un nostalgico intreccio di corde e pianoforte che una datazione con metodo del carbonio-14 fa risalire al periodo di “Illmatic” – e se non è preistoria, siamo lì nei dintorni. Ma d’antan è anche il taglio di un breakbeat a dir poco classico – “Long Red” dei Mountain – per la robusta “Carry The Tradition”, combinazione tra Skyzoo e Styles P che annotiamo immediatamente tra gli highlight del disco.

Idem, com’era preventivabile, per la posse “Eastern Conference All-Stars”, incattivita dal team Griselda al gran completo (così Benny: <<proud to be noticed, watch me, all this grinding got me promoted/we clay statues poverty molded/I got rich with a Pyrex, turn the forks around it/then retired and got richer just talking about it>>) e tuttavia vinta – sebbene non fosse in atto alcuna competizione – da un autentico professionista del flow come Elzhi (<<I spit that hot tamale wasabi mixture, that’s a Rob Zombie picture>>). Non che il padrone di casa necessiti di lezioni in merito; ascoltatelo nelle oltre cinquanta barre serrate di “Homegrown”, sul sample di “Home Is Where The Hatred Is” di Gil Scott-Heron, mentre distilla in pari misura stile e consapevolezza (<<I’m America’s worst nightmare/I’m young, black and too intelligent to be scared>>), o nelle altrettante – di nuovo facendo a meno del ritornello – della conclusiva “The Audacity Of Dope” (<<moral being, you all got some audacity/you top twenty? I’m half that at least, and that’s modest/if we’re being that honest then can’t too many follow this/stage left, curtain drawn, “Retropolitan”>>).

Manca, se vogliamo, una gemma da incastonare al di sopra dei quarantasei minuti complessivi; i quali comunque valgono il prezzo del biglietto e mantengono vivo il talento indiscutibile di questi due newyorkesi doc. Ergo: sapete cosa fare.

Tracklist

Skyzoo and Pete Rock – Retropolitan (Mello Music Group 2019)

  1. Men Like Us (Intro)
  2. Glorious
  3. Truck Jewels [Feat. Pete Rock]
  4. Carry The Tradition [Feat. Styles P]
  5. Homegrown
  6. It’s All Good
  7. Ten Days
  8. Richie
  9. Penny Jerseys
  10. One Time [Feat. Raheem DeVaughn]
  11. Eastern Conference All-Stars [Feat. Westside Gunn, Conway The Machine, Benny The Butcher and Elzhi]
  12. The Audacity Of Dope

Beatz

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