Blacastan & Stu Bangas – Watson & Holmes
E ci risiamo. Dopo “Machete Mode”, Stu Bangas ne ha incastrato un altro… Archiviato Esoteric, ecco quindi il turno di Blacastan, una delle aggiunte più recenti al collettivo Army Of The Pharaohs e detentore di una lunga lista di dischi-gavetta che l’hanno portato a essere riconosciuto quale uno degli mc’s più freschi e dotati di talento degli ultimi anni, sebbene non possegga ancora una notorietà pari a quella di altri colleghi di una super crew che, a parere personale, lo vede figurare come quel prezioso che è ancora ricoperto dalla sabbia, la quale prima o poi verrà spinta via dal vento dando giustizia all’esposizione dello stesso.
Dopo opere come i due “The Master Builder” e il solidissimo “Blac Sabbath”, è sicuramente facile affezionarsi a un personaggio che non manca mai di far notare la sua tardiva esplosione, il suo riferirsi continuamente a un’adolescenza violenta e tuttavia contraddistinta dai sacri suoni e simboli della old school, nonché di dimostrarsi un rapper potente ma assai versatile, sia nell’affermare la propria superiorità in battaglia, sia nel fermarsi e riflettere sul proprio passato o inventare una storia di strada qualunque, mettendola in scena con grande cognizione di causa. Questi elementi, già ben distinguibili nei dischi poc’anzi citati, erano stati comprensibilmente accantonati nella partecipazione a “In Death Reborn”, il più recente dei manoscritti dei Faraoni, se non altro per lo stampo esclusivamente belligerante che contraddistingue quel tipo di operazioni, mentre qui i medesimi vengono un po’ troppo offuscati a causa di una produzione che nella maggior parte delle occasioni non si rivela essere, come purtroppo prevedibile, adeguata.
Ciò non significa che non vi siano tracce degne di essere menzionate o che sia tutto da gettare nella pattumiera, assolutamente no; quando si ha l’occasione di poter lavorare con un mc di tale livello, però, si dovrebbe essere spinti a fare del proprio meglio. L’impressione, invece, è che Stu non voglia uscire da quella che è la sua idea di produzione, cercando di sperimentare qualcosa di differente, staccandosi un po’ per volta dalla metodicità che usa per andare alla ricerca dei campioni, esplorando qualche altro genere musicale da cui estrarre le sue risorse compositive, senza accontentarsi, come in questo caso, di consegnare il compitino e ripetere la formula stantia del passato. Succede così di ritrovarsi ad ascoltare Blacastan preso a devastare una traccia dall’inizio alla fine, come pare il caso nell’autentico assalto verbale che caratterizza “Close Your Eyes”, di sentirlo eccellere nel raccontare in rima tutte le frustrazioni derivanti dalla vita in tour e dalle poche soddisfazioni che un artista come lui riesce a togliersi pur sgobbando come un mulo (“The Road”), o di assistere alla sua personale evocazione di un passato tempestoso (<<incarcerated six years of my life/resurrected through the booth and the mic>>, sentenzia in “Pi”), annacquando il tutto con la solita dose di synth frenetici e privi di melodia, set di batterie che sembrano tutti troppo simili e note di piano buttate là quasi a caso in mezzo a melodie appena accennate, dannatamente ripetitive. Quando invece la produzione mette il naso fuori dal proprio giardino, ecco che la differenza si sente a pelle.
Ci sarebbe voluta una dose maggiore di “Machine”, intensa col suo doppio sample vocale e l’interessante scambio di barre tra Blac e Apathy, “Throat Chop” è un’autentica bombetta – sganciata tardivamente – che esalta la combattività del rapper, mentre “Murder Mystery”, pertinente al titolo dell’album e colpevolmente troppo corta, offre un’interessante atmosfera grigia, quasi londinese con quegli archi scuri, risultando perfetta per offrire strofe contenenti numerose citazioni di gialli e omicidi. Il tipico diggin’ anni ottanta di Stu Bangas è alla base di pezzi come “Change”, forse il più bel testo del disco per come racconta il tortuoso e sofferto viaggio di Blacastan nella trasformazione da fan adolescente ad artista, e “Authentic”, che raccoglie la partecipazione di Esoteric e Planetary. Similmente a quest’ultima, “Nubian Metal” ospita Celph Titled e un Vinnie Paz assai ripetitivo per un’altra dose di AOTP, ed è nel contempo una delle dimostrazioni di superiorità di un Blacastan che piazza colpi devastanti con il wordplay (<<run in your crib, rob the base, that’s easy rock>>).
L’evidente differenza qualitativa tra la prestazione al microfono e la produzione dei beat porta a una media solo sufficiente, ma è chiaro che in altri contesti Blacastan possa rendere molto di più, come già provato attraverso la grande intesa che l’accomuna a beatmaker più creativi, su tutti il frequente collaboratore ColomBeyond. Per Stu Bangas, invece, nulla di nuovo sotto il sole: quando si ascolta un beat e se ne intuisce il creatore, non sempre è un buon segno, perché tra marchio di fabbrica e riciclo c’è una bella differenza.
Tracklist
Blacastan & Stu Bangas – Watson & Holmes (Brutal Music 2014)
- Dictation (Intro)
- Watson & Holmes
- Change
- Authentic [Feat. Esoteric and Planetary]
- Nubian Metal [Feat. Celph Titled and Vinnie Paz]
- Disguise
- Sensationalism (Interlude)
- The Road [Feat. Block McCloud]
- Close Your Eyes
- Murder Mystery
- Machine [Feat. Apathy]
- Monopoly
- Pi
- Tormented
- Nod
- Throat Chop
Beatz
All tracks produced by Stu Bangas except tracks #2 by Stu Simons and #7 by Stu Bangas and Blacastan
Scratch
- Dj Food Stamp: 9
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