Talib Kweli & J. Rawls – The Confidence Of Knowing
Oltre che secondo le modalità più canoniche, l’Hip-Hop potrebbe essere raccontato come un intricatissimo filo di relazioni – professionali e non, ricorrenti o episodiche. Ad esempio, quella tra Talib Kweli e J. Rawls ha origini lontane quanto gli inizi delle rispettive carriere artistiche: se, infatti, il secondo produceva un paio di brani di “Black Star” (tra cui “Brown Skin Lady”), il primo partecipava all’esordio dei Lone Catalysts; parliamo di un quarto e più di secolo fa, seme dal quale – senza ulteriori collaborazioni, a mia memoria – anni dopo è germogliato questo “The Confidence Of Knowing”, progetto gustoso in primis perché ha tutte le robine in ordine, come diremo avanti, e poi appunto per l’effetto sorpresa, essendo oramai abituati a vedere il rapper affiancato dai fidi Amadeus e Kaytranada, oppure da due colonne come Oh No e The Alchemist, fino al Soul Council. Più che ricomporsi, dunque, il team trova per la prima volta degli spazi adeguati, raccogliendo una bella energia in circa tre quarti d’ora di musica dritta e concreta, con venature nostalgiche e dosi contenute di quel paternalismo/moralismo/radicalismo che, non giriamoci attorno, il buon signor Greene ha speso con eccesso sui social, rischiando seriamente di diventare un meme.
Tutto ciò per indurvi a superare eventuali pregiudizi, fermo restando che potevano bastare alcune delle sue ultime sortite – “Fuck The Money”, “Radio Silence” – per allontanare ogni richiesta di prepensionamento. Viceversa, a un anno dallo scoccare delle cinque decadi di età, il Nostro ci regala una delle prove migliori del fitto tratto di percorso marchiato Javotti Media. E, tornando alla premessa, ci riesce anche grazie a un’indovinata rete di alleanze, funzionale ai toni di un disco che cominciava a pagare i suoi tributi già a metà agosto con un singolo – “Native Sons” – che omaggiava in maniera esplicita il collettivo delle Native Tongues, sia nelle parole di Kweli (<<if all things was equal, they would forfeit games/like we saw them pouring rain so the slaves revolt and set it all on flame/employment gain for all the sisters rocking the horses, mane/we talking slang, Tribe Called Quest in the hall of fame>>) che nei sample selezionati per richiamare “J. Beez Comin’ Through” e bonus beat dei Jungle Brothers (melodia da “Father Figure” di George Michael e pianoforte del refrain da “The Return Of Leroy Pt. 1” dei The Jimmy Castor Bunch).
Lungo questa china, “The Confidence Of Knowing” mostra muscoli più che tonici nel tratto centrale costituito da “SWAT”, posse vecchio stampo in compagnia dei californiani Coast Contra (<<you heard other raps before/but kept waitin’ for the sun of song/must be the dawn, you ready for fight or flight/I bring the light like the one joint Common on/bombin’ on sight, these wack acts get the ax like a tomahawk>>), “Turnstyle”, altra rimpatriata – con Skyzoo e Buckshot – scolpita da J. Rawls con delle picconate, “Shalamar”, intreccio lirico di pregio in compagnia di Ras Kass con ulteriore riferimento al passato (ossia a un gruppo creato da Don Cornelius, iconico conduttore di “Soul Train”), e “Pay Homage”, invito che non necessita di ulteriori spiegazioni, ancora una volta con un adeguato sostegno esterno. Lo aggiungiamo a scanso di equivoci, quindi: la frequenza dei featuring a segno è elevata, ma Talib potrebbe tranquillamente farne a meno se il carattere è quello di “Breath, Eyes, Memory” (<<you deus ex machina, I rewire the circuitry/Brooklyn rappers known to steal the show, the flow is burglary>>).
Poi c’è il Soul (in senso lato), altro ambito nel quale l’mc è del tutto a proprio agio. In primis nella bella titletrack, impreziosita dagli interventi di Blu e Jimetta Rose, così come in “Love For Life”, per un terzetto con Georgia Anne Muldrow e sempre la cantante di Los Angeles a fare quel che un tempo competeva a Vinia Mojica e Kendra Ross, il sound più morbido e le voci di contorno si combinano con toni che virano verso l’introspezione, rendendo un po’ meno rettilinea e combattiva la gamma tematica. Una quota di delicatezza, di distensione, sfoggiata negli anni in numerose occasioni e che qui solca altresì la semplice passione per la musica esibita in “Sing Into The Sky”. Nel complesso, non riusciamo a indicare episodi meritevoli di uno skip, strafalcioni, cialtronate; la scaletta non è dispersiva, non eccede in sfumature, e l’andatura, considerati i protagonisti, è quella che ci aspetteremmo: dal taglio delle strumentali, fragranti ancorché classiche, al flow che non ha perso un quid di agilità, registriamo due prestazioni di indiscutibile qualità.
Tra i solisti e quelli a firma congiunta (con Mos Def, Hi-Tek, Madlib e 9th Wonder, prima di J. Rawls), per Talib Kweli “The Confidence Of Knowing” è il quindicesimo disco ufficiale. E, forse stupirà, merita di essere collocato nelle zone alte di un cammino che ha alternato sia salite che discese (mai irreparabilmente profonde, per la verità), ma non ha abbandonato neppure per un istante il solco tracciato – più che con i Mood – a partire dal quel fortunato incontro con la Rawkus. Il resto, comunque la si pensi, è storia.
Tracklist
Talib Kweli & J. Rawls – The Confidence Of Knowing (Javotti Media/Fat Beats Records 2024)
- Breath, Eyes, Memory
- The Confidence Of Knowing [Feat. Jimetta Rose and Blu]
- Native Sons
- We Outside
- To The Ghetto
- SWAT [Feat. Coast Contra]
- Turnstyle [Feat. Skyzoo and Buckshot]
- Shalamar [Feat. Ras Kass]
- Pay Homage [Feat. IDK, Planet Asia, Phil The Agony and Middle Child]
- Love For Life [Feat. Georgia Anne Muldrow and Jimetta Rose]
- Steve Austin [Feat. Diani]
- Sing Into The Sky [Feat. Solène and NIKO IS]
- It’s Workin [Feat. Middle Child]
Beatz
All tracks produced by J. Rawls
Scratch
All scratches by J. Rawls
Bra
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