The Best Of 2023: l’opinione della redazione

BRA

USA: quanti dischi ascoltiamo nei dodici mesi che compongono un anno? E quanti di questi ci accompagnano per più di qualche settimana, prima di rivolgere le nostre attenzioni ad altre novità? E’ un dilemma che non sappiamo sciogliere; per questa ragione il best of di RapManiacZ non vuol essere una classifica, bensì un sunto di quanto accaduto di significativo nell’anno appena trascorso. Personalmente, ho cominciato a percepire una certa vivacità nell’aria solo a inizio primavera, quando Dj Muggs, Madlib e Meyhem Lauren rilasciavano “Champagne For Breakfast“, progetto robusto e musicalmente intrigante quanto avremmo voluto. E’ anche a causa sua che ho approfondito con più calma la conoscenza di “Back To Mecca II” di Recognize Ali, che poi però ho consumato: si tratta di una delle robe più – credibilmente – toste e potenti del 2023, da recuperare subito se vi fosse sfuggita. Come oramai di consueto, poi, Black Thought ha timbrato il cartellino con un’altra prova di grande pregio, facendosi accompagnare dagli El Michels Affair per l’ottimo “Glorious Game“. E intanto siamo in estate, con “MichaelKiller Mike torna all’esperienza solista e alle sue origini, dimostrando – ma lo sapevamo già – che non è tutto Run The Jewels ciò che luccica. Inizio autunno, Nas chiude l’incredibile tour de force che l’ha visto al fianco di Hit-Boy con “Magic 2” e “Magic 3“: non replica i risultati brillanti del tratto centrale di questa fortunata collaborazione, ma chiarisce senza fatica alcuna di essere ancora e per sempre un liricista di livello inarrivabile. A proposito, sapete chi rappa meglio del vostro rapper preferito? Esatto, Aesop Rock! “Integrated Tech Solutions” è più originale, articolato e coraggioso di molti altri titoli che vorrebbero esserlo, perché dietro c’è un artista con la A maiuscola, abilissimo sia a sputare rime che a produrre beat. Fine anno, luci natalizie e regali da scartare: io sotto l’albero ho voluto ci fossero General Elektriks, Lateef The Truthspeaker e Leeroy Kesiah, in trio The Strangers, con uno di quegli esperimenti un po’ sul confine dell’Hip-Hop, ma che si canta e fa ballare – ci vuole anche quello, dai. Due, infine, le honorable mention: una per il Tiny Desk Concert di Scarface, tra i momenti più divertenti dell’anno che spero vivamente non vi siate persi; l’altra per Conway The Machine, che a mio avviso negli EP sta rendendo di più (magari ne riparleremo…) e ha fuori da poco “Conductor Machine” con Conductor Williams e “Palermo” con Wun Two.

ITA: eh, l’Hip-Hop italiano, sì. Succedono cose, non sempre così interessanti come vi raccontano. Intanto, non è affatto semplice orientarsi in un mercato che abbonda di progettini perfino troppo -ini e, più che gli album, a lasciare traccia di sé sono spesso i collettivi (in essere e talvolta solo in potenza). Noi partiamo da quello che ha dato avvio a molte altre cose, Make Rap Great Again ha chiuso i battenti, è vero, ma l’ha fatto col suo stile, una tripletta di titoli che, da “Stallone” di Gionni Grano, “Mediterraneo” di Gionni Gioielli e Montenero, fino a “The greaters” con tutta la squadra schierata, ha espresso un potenziale che nel suo piccolo è (stato) un unicum. Ci manca già. Non a caso, in scia a MRGA tocca segnalare “Bar sport” di Gentle T, mc in oggettiva crescita e attivo anche con due EP prodotti da Dj Rogo (“No signal“) e NONe dei Superfluido (“Nel pozzo“). In zona, potremmo dire, ci sono anche Dome Flame coi The Departed in “Modus operandi” e Dj Rage con “Compro oro 2“, quest’ultimo lanciando La Situazione, realtà dalla quale vorremmo presto ascoltare qualcosa di nuovo. Imperdibile, se vi piacciono le cose più bizzarre, “The grip tape | dark cinematic slow beats” a firma Bugs Kubrick aka Lord Bean, Clone e M.Bod, di Rap ne trovate in un solo brano (ma vale per tre), il resto è una cartella di strumentali pazzesca. Un altro EP validissimo è quello di Michael Sorriso aka Lince, sette brani di “Parole sante” che vanno dritte a segno. Infine, venendo all’ultimo scorcio dell’anno, Nex Cassel e Dj Craim hanno dato una bella zampata alla scena con “Fegato“, intesa che non potevamo prevedere e che invece ha determinato uno degli ascolti più replicati di questo 2023. Quattro più una le honorable mention: non ho mai amato il mondo Club Dogo, ma “Madreperla” di Guè nascondeva delle chicche niente male; “Giorno e i portatori di flusso – La paranza potenziata” di Giorno Giovanna, perché come lui non c’è nessun altro in Italia (e oltre); “1993” dell’Underlifers Group, ovvero Zbuk, FFiume, Clas K. e Cay De La Rica, categoria street album e stile a pacchi; “Sick tales” di Emcee O’Zì e Breakstarr, che ancora – come noi – amano la Def Jux; infine, il Premio Speciale della Giuria alla Cialtroneria va indiscutibilmente ex aequo a Luchè e Salmo per i loro patetici dissing estivi che tanto hanno fatto scrivere a molte redazioni altrettanto cialtrone – bravi tutti!

MISTADAVE

Il mio 2023 è stato un personale ritorno alle origini, nel senso che ho sentito una forte necessità di riallacciarmi alle sonorità che mi hanno cresciuto e ho di conseguenza privilegiato i dischi che più vi si avvicinavano. Il motivo? Oltre al fascino di quello specifico tipo di suono che amo radicalmente, è subentrata una fase di stanca per un underground oramai troppo fissato su cliché che non variano mai, dal momento che per imporsi sembra quasi obbligatorio attenersi strettamente al ruolo di gangster, perseverando in un argomento che la Cultura ha toccato milioni di altre volte con assai diversa versatilità, rendendo parte dell’offerta prevedibile e ripetitiva. Senza creare una particolare scaletta, dato che non c’è un album che nei miei gusti spicchi rispetto ad altri, comincio col nominare la crew Four Elements & Beyond, una realtà veterana ma scoperta per puro caso, spulciando qua e là alla ricerca di qualcosa che profumasse di golden age: “Clock The Chemistry” è un album capace di trasmettere il sound del suolo newyorkese trasportandovici direttamente l’ascoltatore sopra, realizzato con la tipica durezza locale per attudine e trasparenza dei concetti, sottolineando altresì la bravura di Freak Tha Monsta nella duplice veste di mc e produttore. Tra le uscite più grezze ricordo volentieri “Back To Mecca II”, a mio avviso il miglior disco firmato da Recognize Ali fino a qui, capace di rievocare le atmosfere di artisti come gli Onyx grazie a beat ruvidi e molto gustosi per come pescano dal Jazz, trattato e sporcato a dovere, con rime a giungere dritte nei denti per un risultato eccellente, creando un prodotto che non avrebbe sfigurato neanche nel copioso 1993. Mi sono poi concesso un’uscita dal seminato, di quelle proprio secche, andando letteralmente a innamorarmi di “So Many Other Realities Exist Simultaneously“, ovvero l’album più recente degli Atmosphere, forse perché ne ho vissuto una piccola parte intervistando Slug, una delle esperienze più incisive dell’anno che sta per finire, anche se il vero motivo si riconduce a quel bisogno di freschezza, estrosità, distanza dal normale pacchetto, effetto che il duo a mio avviso ha ottenuto col botto. E’ un disco lungo, totalmente privo di pezzi da skippare, realizzato con un concetto chiaro e un’ampiezza strumentale tale da far impallidire la concorrenza, mischiando con efficacia le ottime intuizioni produttive di Ant a liriche poetiche, metaforiche, che stimolano il pensiero e si relazionano al vissuto. Non l’ho ancora recensito, invece, ma lo sto ascoltando parecchio, parlo del solito Vinnie Paz, che su queste pagine è oramai un appuntamento fisso e nello stereo pure, stupefacente per come prosegua dritto nella stessa strada di sempre senza mai stancare. O meglio, ha rischiato di farlo un anno fa, ma quest’ultimo “All Are Guests In The House Of God” lo vede imperterrito nel non arretrare di un millimetro per incisività e stato di forma, autore della canonica fenomenale selezione di beat – da solista non ha sbagliato un solo colpo nella scelte produttive – oltre che di una chiamata a raccolta di ospiti davvero versatile e prestigiosa. Menzione d’onore per Mistachuck in persona, che mi ha favorevolmente sorpreso nel momento esatto in cui ritenevo i Public Enemy bolliti e senza speranza alcuna, estraendo dal cilindro un “We Wreck Stadiums” vivace, concettuale, ispirato e molto ben suonato, a ricordare che il b-boy nel mirino possiede un fascino irripetibile.

LI9UIDSNAKE

Memorabile non lo è stato di certo, anche se l’eccitazione – rigorosamente a combustione rapida – di alcune pubblicazioni del settore dall’entusiasmo facile sembra sempre volerci convincere del contrario a ogni uscita. Si sa, i click sono click, soprattutto in tempi di vacche magre… Detto ciò, anche il 2023, nella sua diffusa letargia, ci ha lasciato qua e là diverse cosette buone. Anche più che buone; di quelle che non andranno a staccarsi dalle nostre playlist come sta invece per fare l’ultima paginetta del calendario. Come chi ci legge da un po’ forse saprà, il sottoscritto non ama stilare classifiche nel senso più stretto del termine; quindi, come da tradizione, più che una classica top 5 la mia sarà una lista, senza vincoli di ordine, dei cinque dischi che di certo porterò volentieri con me anche nel 2024 (e oltre). Per gratitudine, rappresentanza della Cultura e peso, non posso che iniziare da “Michael” di Killer Mike; auspicando che quelli dei Grammy Awards colgano l’occasione d’oro di averlo nominato nella categoria Best Rap Album per fare quel passettino in più e restituire un po’ di credibilità ai cosiddetti Oscar della musica. Le “Integrated Tech Solutions” di Aesop Rock sono l’ennesima dimostrazione, sempre gradita, che quando si è (molto) forti non servono lepri o concorrenza agguerrita per motivare la propria arte e tagliare per primi il traguardo; è sufficiente mantenere lo specchio sempre ben lucidato. Che dire, poi, di Danny Brown? Il più folle del Michigan ha tirato la monetina di Two-Face riuscendo a fare sia testa che croce: con “Scaring The Hoes” – in tandem col collega di follie JPEGMAFIA – ci ha dato esattamente ciò che desideravamo da uno come lui, ma elevato al cubo; con “Quaranta” ci ha invece rifilato un sonoro ceffone al contrario, dirigendosi là dove, fino a quel momento, non aveva concesso al sole di splendere. Nella sacca ci finiscono anche Larry June e l’instancabile The Alchemist: il loro “The Great Escape” è un raro esempio di perfetta, calma e inebriante alchimia. E, per concludere, nella tasca delle menzioni d’onore ci mettiamo Nas con la magica doppietta (“Magic 2” e “Magic 3”) con cui ha chiuso un’altra brillante trilogia con la complicità di Hit-Boy; “VOIR DIRE” della premiata ditta Earl Sweatshirt e ancora The Alchemist; infine il Rap cervellotico di MIKE in “Burning Desire”, che nel caso vi sia sfuggito merita il ripescaggio.

ZEFFIRO B

Fine anno. Tempo di panettoni e di gastriti, di mal di denti e regali. Tempo di bilanci. Anche per qualcosa di esterno – ma fondamentale – come la musica che ci ha accompagnato. Questo 2023 è iniziato, per me, con “Cristi e Diavoli“: la Lovegang126 al completo – piacevole sorpresa, dato che li avevo sempre snobbati e ritenuti al di là dei miei gusti – ha accompagnato tutti quei primi mesi, dentro c’è stata la laurea, la disillusione verso un lavoro (adeguato alle mie competenze) che non sarebbe arrivato; c’è stata la depressione e la dipendenza. Come sottofondo, “Cattive abitudini”, “Doppio filo”, “Fattaccio”, “Giorni migliori”, “Marciapiedi”… Poi, un bug nostalgico fino all’estate. Periodo vuoto in cui riascolti vecchi dischi cercando di trovarci dentro dettagli che ti erano sfuggiti, credendo possano aiutarti a capire. Arriva il caldo e arriva Turi Moncada. “Santos“, prodotto da St. Luca Spenish, è la manata underground che mi ci voleva, per sopportare le temperature e l’abbandono, l’afa e gli uffici di collocamento. Nelle cuffie quella voce – un po’ troppo simile a quella di Marsiglia, dirà qualcuno – sporca e armoniosa allo stesso tempo mi ha dato le rime giuste per affrontare un periodo negativo. Poi, non so, è venuto tutto in maniera disordinata; e così, senza rendermene conto, Zampa con “Vanagloria“, Dj Shocca e i suoi ospiti in “Sacrosanto“, Maury B con “The legacy“, hanno cominciato ad affollare le mie mattine, durante la disperata ricerca di un lavoro qualunque, l’abbassamento delle mie aspettative e l’innalzamento dell’hype generale. Non so quante volte ho riascoltato “Mai odiato” di Maury, come non so quante volte mi sono chiesto come abbia fatto Shocca a riunire Emis Killa e Kaos sulla stessa traccia. Magie dell’Hip-Hop, che verso la fine mi ha fatto scoprire 1989. e il suo “Gente che odia la gente” e Squito Babe con “Andate in pace” (che su queste pagine è stato anche intervistato). Un 2023 che, sugli sgoccioli, mi ha portato pure un joint album tra Noyz Narcos e Salmo, “Cvlt“, che alla fin fine è ciò che mi aspettavo: un bel disco, sì, ma fatto da gente di fama, senza più fame. E con meno ricercatezza nelle rime. Per il 2024, cercherò altro…

IL DRUGO

In ordine sparso e senza spiegazione alcuna. Dj Muggs, “Soul Assassins 3: Death Valley“; Verbz, Nelson Dialect e Mr Slipz, “Sight Beyond Sight“; Smoke DZA e Flying Lotus, “Flying Objects“; Dirty Dike, “Mattress“; Daniel Son e Wino Willy, “Gris Gris“; M.A.V. e Cotola, “Dust 2 Dust 2“; Clever 1 e Giallo Point, “Gunz, Knivez And Nunchuckz“; Rawlsmatic (J. Rawls e Dj Rhettmatic), “Role Reversal“; Bun B e Statik Selektah, “Trillstatik 3“; Conway The Machine e Wun Two, “Palermo”.

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