The Doppelgangaz – Black Cloak Lifestyle
Prosegue senza soste il longevo e fruttuoso percorso della carovana guidata da EP e Matter Ov Fact, diffusori di un verbo destinato esclusivamente alla loro cerchia di affezionati. I Doppelgangaz non cambiano e con loro non varia assolutamente il modo di proporsi attraverso musica, idee e immagine: l’immancabile mantello nero col cappuccio è l’inequivocabile segno distintivo del gruppo tanto a livello visivo quanto di merchandising; i dischi sono totalmente prodotti in casa, senza che nessuno possa parteciparvi; le clip promozionali sono girate con le solite modalità di sempre, vivendo in un perenne chiaroscuro che trova un perfetto bilanciamento del messaggio di fondo, che rimane costantemente quello di non prendersi sul serio.
“Black Cloak Lifestyle” ripropone le inossidabili costanti del collettivo, a partire da un titolo che – come già accaduto in passato – viene mutuato da un loro brano precedente. Il duo newyorkese non ha infatti mai mostrato alcun interesse verso il potenziale rischio di essere considerato prevedibile nell’espressione contenutistica, a maggior ragione se l’immaginario creato a suo tempo continua oggi, a quindici anni dalla prima prova in studio di registrazione, a raccogliere folte adesioni. E’ proprio tale considerazione, quando analizzata da più punti d’osservazione, a rendere particolarmente impervio il giudizio sull’operato dei due: se da un lato si poteva tranquillamente sottoscrivere una totale assenza di novità anche senza aver ascoltato un solo secondo di questo nuovo disco, dall’altro il medesimo apporta gradite conferme della qualità esecutiva che i ragazzi abbinano in via sistematica a ciascuna pubblicazione (non fa eccezione la serie completamente strumentale “Beats For The Brothels“, giunta al quinto volume), trattando ogni aspetto con una precisione minuziosa, certamente antitetica all’attitudine trasandata e auto-deplorevole mostrata al pubblico.
I Doppelgangaz hanno creato un bel giocattolo e non percepiscono il benché minimo bisogno di disfarsene, ben felici di percorrere la linea che congiunge una tappa alla successiva mantenendo fisso l’equilibrio, lasciando quindi all’ascoltatore la scelta di proseguire nell’adesione pur conoscendo a priori il gusto del menù. Il fatto che EP e Matter Ov Fact siano due produttori coi fiocchi non è oggetto di discussione alcuna, considerando il gusto riscontrabile nel reperimento delle fonti di campionamento, la struttura sempre differente delle sezioni ritmiche, i puntigliosi accorgimenti nel bilanciamento di ogni componente sonora in fase di mix affinché tutto suoni esattamente come deve. L’ispirazione per la costruzione dei beat resta immutabilmente collocata in un punto mediano tra la golosa sporcizia sonora della New York di fine anni novanta e la vivace luminosità insita nei sintetizzatori riconducibili al vecchio G-Funk, confezionando l’ennesimo lotto di strumentali in grado di soddisfare appieno il palato, per quanto il marchio di fabbrica del duo vi sia inevitabilmente impresso addosso.
Altra cosa è invece fare i conti con la cialtronaggine di testi riservati ai seguaci più ferventi di questo nomadismo Hip-Hop, intrisi di termini riconoscibili solo se si ha una certa dimestichezza con la discografia del gruppo e se si conosce qualche spicciolo dello slang praticato nella periferia locale, tenendo conto che l’argomentazione si limita alla propaganda di questo fantasioso stile di vita e al ragguaglio di ironici incontri a sfondo sessuale, accentuato dalla bizzarria descrittiva delle controparti. Laddove non esista il benché minimo straccio d’inventiva tematica giungono a supporto ilarità e sapienza tecnica, giochi di parole infinitamente spassosi che prendono vita da un vocabolario molto originale, ricercato nei termini da collocare in rima; insieme di fattori che costituiscono un conglomerato lirico stuzzicante, tuttavia di un grado di complessità forse troppo alto affinché possa essere apprezzato con pienezza da chi si trova a passare nelle vicinanze solo occasionalmente.
Il fascino dei Gangaz è racchiuso interamente qui, nel saper mantenere fresca una formula adagiata su solchi già spianati da tempo, ma certamente accattivante per chi abbia voglia di approfondire il discorso facendosi strappare un sorriso in più di qualche circostanza. Ne hanno già parlato in chissà quante altre occasioni, ma resta in ogni caso irresistibile la comicità insita in passaggi come “P.O.T.” (acronimo di pretty old thing), la quale sviscera le qualità dell’amante di turno con strumenti descrittivi che denotano un’immaginazione in grado di trasformare uno scherzo in una prova di abilità lirica non indifferente (<<a Ganga keep a grandma bae/known to rock a Birds nest with the grombre/open wide you could see her gold onlays/owner of a Siamese and a Bombay/and a pug with a mug like Dolly Parton/even though her crotch smelling like a Dolly Varden>>), viaggiando sulla malinconia di una strumentale che appoggia un oscuro boom bap a un synth immatricolato in California. E’ altresì fervida la maniera di intitolare una traccia con un termine ebraico utilizzato quale sinonimo per creare una nuova narrazione della propria essenza rude, facendo di “Farbissiners” – peraltro sorretta da una letale combo tra tastiera e batteria – una chiusura del cerchio adeguata nel riassumere concetti già elencati in numerosi altri passaggi (“Crudo”, per esempio), variando tuttavia significativamente il condimento di una pietanza che, in fin di conti, è sempre quella.
Il medesimo concetto è applicabile a “Thoughts & Prayers”, milionesima insistenza nell’ostentare il proprio credo, la quale avvalendosi di una batteria morbidissima e del consueto giretto di piano indovinato piazza un parlato campionato tra una strofa e l’altra rivelando un messaggio di sottofondo dedicato ai fan, il vero motivo per cui l’intero carrozzone continua imperterrito a seguire il proprio percorso. Oppure, ancora, a “Round Midnight”, il cui frusciante loop è formato da sample di cortissima misura e inequivocabilmente insaporito da un tocco forgiato negli anni novanta, tornando su quanto predicato ampliando però la forbice tecnico/linguistica, racchiudendo nel giro di poche barre l’onnipresente riferimento al proprio aspetto fisico e un sunto dei propri atteggiamenti (<<quarter to twelve, we sort of could delve/lifestyle of the lurch and the shorter of elves/purported, it’s reported, got hit with the helve/rumors dispelled/can’t shelve them, we do it ourselves/hell, by the power vested in me/who you destined to be?/Doppelgangaz unquestionably>>), senza poi dimenticare i geniali paralleli messi in piedi all’interno di “In The Black”, distinta da un’altra notevole fruizione del piano, la quale utilizza accorti riferimenti culinari per creare un collegamento con l’aspetto della protagonista del racconto (<<he got a shorty with some pound cakes/some angel cakes, black, brown cakes/square, circle and some round cakes/can’t forget upside down cakes from botched surgery>>).
Potremmo restare qui ore a discernere diverse altre sfaccettature di questo lavoro, a sottolinearne l’impavidità nel cocciuto mantenimento degli intenti, a lodarne l’integrità artistica e la compattezza musicale, ma rischieremmo di dilungarci in eccesso. Se piacciono i Doppelgangaz per ciò che possono offrire, se li si è seguiti dall’inizio della loro carriera imparando a conoscerli adeguatamente, se non ci si attendono rivoluzioni argomentative di tipo copernicano, “Black Cloak Lifestyle” è l’ennesimo tassello di una discografia di consistenza ben al di sopra della solidità, per quanto sia e rimanga di nicchia.
Tracklist
The Doppelgangaz – Black Cloak Lifestyle (Groggy Pack Entertainment 2022)
- Long Black Cloak
- Thoughts & Prayers
- Round Midnight
- Girlfriend Experience
- Hat In Hand
- Cloak Folk Business
- Usury
- Death X3
- P.O.T.
- Crudo
- Farbissiners
Beatz
All tracks produced by The Doppelgangaz
Mistadave
Ultimi post di Mistadave (vedi tutti)
- Homeboy Sandman – Rich II - 11 Novembre 2024
- Nord1kOne – Last Man Standing - 25 Ottobre 2024
- KA – The Thief Next To Jesus - 18 Ottobre 2024