The Roots – Organix

Voto: n.g.

Il primo disco dei The Roots riporta in calce l’anno 1993 ed esce quasi contemporaneamente al “Jazzmatazz” di Guru. Entrambi vengono inizialmente accolti senza troppo entusiasmo in madrepatria, ma riscuotono un discreto successo nella vecchia Europa, molto disponibile a un riavvicinamento della musica Hip-Hop verso le proprie radici. E’ proprio questo, infatti, il nodo della discordia che genera impressioni tanto divergenti tra due mondi musicali non del tutto coincidenti: negli Stati Uniti gli esperimenti portati avanti da Roots e Guru appaiono evidentemente come degli episodi isolati e per certi versi distanti da un fenomeno che in quegli anni era straordinariamente in crescita, altrove la cosa viene percepita come un passo in avanti compiuto dall’Hip-Hop stesso, il quale recupera una parte fondamentale di sé per proiettarsi oltre i propri confini.

Dopo più di dieci anni mi sembra evidente che la ragione stesse dalla parte di chi aveva visto in “Organix” (come in “Jazzmatazz”) una gustosa forma di innovazione, la concretizzazione di un processo generale di maturazione. La formazione originaria dei Roots era leggermente diversa da quella attuale, ma il cuore del gruppo era lo stesso: ?uestlove alla batteria e Black Thought al microfono; oltre a loro, ritroviamo Leonard Hubbard e Joshua Abrahms che si alternano al basso, Scott Storch (e in alcuni casi ?uestlove) alle tastiere, Chuck Treece alle chitarre. Ed è proprio in “Organix”, ancora più che nei successivi “Do You Want More?!!!??!” e “Illadelph Halflife”, che emerge l’anima da live band dei Roots, gli omaggi e le citazioni al Jazz abbondano, la struttura musicale stessa appare quasi improvvisata (un esempio su tutti: “Writters Block”), centrata sempre su un numero ristretto di accordi e un corposo sottofondo di bassi.

Il risultato è una lunga jam session che trova il suo apice nella quindicesima traccia intitolata, appunto, “The Session”, simpaticamente sottotitolata la più lunga posse cut della storia… E badate che dura davvero 12′ 43”! A dispetto del fronte copertina tutto nero, va detto però che liricamente “Organix” è il disco meno impegnativo dei Roots (i ringraziamenti del booklet cominciano con un The Roots would like to rhank ya moms): l’ironia di “Pass The Popcorn” (per la quale scende in pista perfino ?uestlove), l’impatto di “Essawhamah?” (probabilmente uno dei loro pezzi più famosi, qui in versione live) e la satira non particolarmente sottile di “Writers Block” (sul genere: una giornata tipo a Philadelphia) lasciano trasparire un duplice intento, ovvero quello di mantenere un profondo legame con le proprie radici, sempre attraverso una solida capacità d’intrattenimento.

Per quanto Black Thought non possa dirsi ancora al suo pieno livello di maturazione e le melodie appaiano in alcuni passaggi leggermente scarne, “Organix” racchiude dentro sé tutto ciò che i Roots avrebbero espresso negli anni successivi: “Common Dust” e “The Session” così come “Good Music”, “Grits” e “Leonard I-V” danno il via a una carriera fatta di straordinaria personalità e ottime uscite. E ora avete un titolo in più da aggiungere in collezione.

Tracklist

The Roots – Organix (Remedy Recording 1993)

  1. The Roots Is Comin’
  2. Pass The Popcorn
  3. The Anti-Circle
  4. Writers Block
  5. Good Music (Preclude)
  6. Good Music
  7. Grits
  8. Leornard I-V
  9. I’m Out Deah
  10. Essawhamah? (Live At The Soulshack)
  11. There’s A Riot Going On
  12. Popcorn Revisited
  13. Peace
  14. Common Dust
  15. The Session (Longest Posse Cut In History, 12:43)
  16. Syreeta’s Having My Baby
  17. Carryin’ On

Beatz

All tracks produced by Ahmir Thompson and Tariq Trotter