Tonico 70 ci presenta “Antonico”!
Antonio Cuciniello, in arte Tonico 70, è un nome che gli appassionati di musica black proveniente dalla Campania dovrebbero conoscere molto bene. E, se così non fosse, colpa loro. I suoi primi passi li muove alla fine degli anni ’90, con gli amici Dj Pio e Morfuco; nel successivo quarto di secolo, in veste di rapper, beatmaker e dj, ha preso parte a un gran numero di progetti, alcuni dei quali fondati in prima persona: Cafardo Energizer, Dint Movement, Funky Pushertz, il duo Gold School, fino al collettivo Banda Maje, realtà a confine tra Funk, Soul e Reggae. “Antonico” – disponibile anche in vinile – sboccia appunto all’intersezione tra tutte queste anime, riannodando i fili di una carriera che, se da un lato è sempre rimasta legata alla realtà locale, alla sua Salerno, dall’altro ha allargato lo sguardo verso una molteplicità di generi e sonorità, tutti ben rappresentati in questo disco pubblicato a novembre da Four Flies Records. Per questa ragione, a partire da una ricchezza di colori e sfumature che in parte esulano dalle nostre trattazioni, abbiamo voluto farci raccontare dal diretto interessato le tappe principali che ne hanno determinato la realizzazione, approfittando dell’occasione per chiedergli qualche curiosità in più che meritava di essere esplorata; intanto, lanciate il player e fatevi tenere compagnia durante la lettura.
Prima di “Antonico”
Mi è sempre piaciuto produrre album collaborando con altri artisti, quindi dopo il progetto Gold School con Morfuco, il collettivo Funky Pushertz, Banda Maje e molte altre realtà per cui mi sono occupato della parte produttiva, sentivo la necessità di scrivere un album che parlasse di me, di quello che sono stato e di quello che sono. Una sorta di fotografia per imprimere ciò che è Tonico 70. Un album molto intimo, personale, che descrivesse tutto il mio percorso. D’altronde, “Antonico” è la fusione di Antonio, il mio nome all’anagrafe, e Tonico, il mio street name. Sono io.
Durante “Antonico”
La lavorazione dell’album è durata da giugno 2020 a febbraio 2022. La produzione musicale è stata pensata e sviluppata con Peppe Maiellano, mio socio di Banda Maje, compositore e pianista. Per la prima volta, ho prodotto un album a quattro mani ed è stata un’esperienza interessante proprio perché entrambi provenivamo da due background diversi, ma che assieme si sono poi rivelati un bellissimo crossover. Il sound l’abbiamo definito assieme con una ricerca meticolosa sulle tecniche di ripresa, sugli strumenti musicali da utilizzare e le collaborazioni. I temi li ho scelti in base alle sensazioni che mi dava la musica che andavamo man mano a creare. Sempre per la prima volta, ho co-prodotto un album completamente suonato, con zero sample, anche se la mia attitudine è sempre quella di tagliare, loopare, il metodo classico dei beatmaker come me. Quindi registravamo le session in studio e quello che ci piaceva lo tagliavamo, cucivamo o risuonavamo quando avevamo le idee più chiare. Dal primo minuto sono stati pensati due brani per ospitare i due collettivi per me più importanti, cioè Gold School con Morfuco e il progetto Funky Pushertz assieme a Reddog, Boom Buzz, Kayaman e Mastu Nzò. Non potevano mancare! Prima del rapporto lavorativo, c’è una profonda amicizia e stima verso tutte queste persone. E poi c’è Four Flies Records, un’etichetta potentissima, forse la più interessante nel panorama italiano e internazionale per quel che riguarda la ricerca sul mondo library/soundtrack. I ragazzi, con particolare attenzione da parte dell’A&R Pierpaolo De Sanctis, hanno creduto dal primo secondo sia al progetto di Banda Maje che ad “Antonico”. Ricordo un aneddoto: portammo a sentire i provini del disco che erano suonati midi, quindi una pre-pre-pre-produzione, e lui ci disse subito: quando lo pubblichiamo?!
Dopo “Antonico”
La risposta è stata super positiva. Non me l’aspettavo, ma in realtà non penso mai a cosa succede dopo l’uscita di un disco. Amo talmente la musica e le emozioni che provo quando lavoro a un album, che quando l’ho ultimato per me il successo è già tutto li. Poi però è ancora più grande la gioia di sapere che alla gente piace. Il più grande complimento che posso ricevere è che in primis riesco a trasmettere delle emozioni attraverso i miei brani, in seconda battuta quando spesso mi dicono non ci deludi mai, sei sempre sul pezzo, mai scontato. La sorpresa è invece essere stato disco del mese di dicembre su Rumore, una rivista che da sempre è attenta alla scena underground e ai piccoli progetti e i piccoli artisti.
Bra: nasci come fiero rappresentante dell’Hip-Hop salernitano, ma amplifichi presto la tua identità di musicista misurandoti in prove di volta in volta differenti. Raccontaci più in dettaglio di questa evoluzione, se così vogliamo definirla.
Tonico 70: nella mia musica ho sempre amato inserire elementi di vario tipo. Ho sempre amato e seguito la scena Rap, Reggae, Funk, Disco, ma anche la musica della mia terra. Non mi è mai piaciuto dare un’etichetta alle mie cose e più me ne davano, più mischiavo! L’evoluzione è stata riuscire a mettere assieme tutti questi generi e renderli omogenei all’interno di una produzione. E ancora ricerco e ancora ho fame e ancora voglio migliorarmi…
B: la tua discografia si compone di prove in gruppo e non, di dischi prodotti e featuring al microfono per uscite altrui. Cosa cambia, nell’approcciarti all’uno o all’altro impegno? E cosa tiene assieme tutto, qual è il filo conduttore della tua musica, a prescindere dal ruolo svolto?
T70: come detto in precedenza, ho sempre lavorato in gruppo ma la mia attitudine è la stessa se faccio musica per me o per altri. Il filo conduttore è appunto questa passione che porto dentro. Come dicevo in uno dei miei primi brani con Morfuco, è na malatia.
B: Salerno ha una scena Hip-Hop da sempre molto viva – e noi la conosciamo bene, dato che il co-fondatore del sito, Fuso, e uno dei nostri primi collaboratori, Dj Rogo, ne rivendicano con orgoglio le origini. Da esponente e osservatore, come descriveresti il movimento e quali sono le novità più fresche che stanno emergendo in città?
T70: Salerno è stata sempre un’ottima fucina di artisti sia nella musica che nell’arte figurativa. Non ho mai pensato di spostarmi in altre città, perché la linfa me l’ha data sempre questa terra che continuamente fa nascere nuovi artisti e nuove vibes, perciò da osservatore non posso che essere soddisfatto, nonostante la nostra città – essendo una provincia – ha sempre avuto difficoltà nella diffusione delle sue proposte su scala nazionale. Grazie al mio laboratorio di scrittura creativa The Square, che tengo da circa sette anni, riesco sempre a stare sul pezzo e a essere aggiornato. Come novità che mi sento di consigliarvi, ci sono gli HWM che spaziano dal Rap alla Trap all’Indie e sono molto interessanti, in particolar modo Dblow e Blank, poi ci sono le Zetas, un duo di rapper al femminile e tante altre belle realtà anche Trap.
B: allarghiamo lo sguardo su tutto il territorio nazionale. La tua è una proposta musicale che, anche quando rientra in toto nei canoni dell’Hip-Hop, attinge dal passato – e un nome come Gold School non è certo casuale; come ti rapporti alle sonorità più moderne, che sembrano andare da tutt’altra parte anche rispetto alla pasta parecchio analogica di “Antonico”, e quali sono gli artisti che, magari per pura curiosità, segui maggiormente, pur essendo agli antipodi di ciò che fai?
T70: amo tutta la musica! Certo, il mio carattere principale è l’Hip-Hop classico, ma ascolto davvero di tutto. Gli artisti contemporanei su territorio nazionale che mi piacciono sono Tha Supreme, che sta portando al genere Trap tanto ma veramente tanto, poi altri rapper/trapper della mia terra, come Vale Lambo, Geolier… Non ho mai remato contro le nuove tendenze, credo sarebbe da stupidi; anzi, quello che mi piaceva ho sempre cercato di trasportarlo nel mio sound, ovviamente a modo mio.
B: proviamo a fare un gioco… Associa “Antonico” ai dischi che più ti hanno influenzato nel realizzarlo.
T70: eeeeh, domandone! Guarda, in “Antonico” più che dischi ci sono artisti che mi hanno influenzato. Ne cito alcuni: Rakim, King Tubby, Gil Scott-Heron, Muddy Waters, The Meters, il Rap contaminato dei The Roots, il Soul di Andersoon .Paak, il Rap sperimentale di Kendrick Lamar, Sean Price che personalmente penso sia il più grande rapper di tutti i tempi… Come vedi tanti generi, ognuno di questi mi ha dato un piccolo tassello per creare il mosaico “Antonico”.
B: ai lettori lasciamo il video di “Vic’l”, che apre “Antonico”. Salutandoti e ringraziandoti per il tempo che ci hai dedicato, raccontaci di questa clip.
T70: per prima cosa, vi ringrazio e vi stimo da sempre. Per la passione e l’amore che mettete nel diffondere la musica e il verbo anche di piccoli artisti come me. Nel video di “Vic’l”, diretto da Gimmy Giordano, si parla di una mamma, pronta a donare tutto l’amore che ha ma allo stesso tempo a stringere i denti e a combattere per la propria serenità, preservare e difendere i propri affetti. I vicoli parlano, ma non tutti riescono ad ascoltare e a soffermarsi. L’amore, l’odio, la consapevolezza che si respira in una terra difficile, la musica e la passione possono essere una reale ancora di salvezza. Ogni vicolo offre una storia a chi sa attraversarlo.
Foto di Alessandra De Luca e Vittoria Cirillo.
Bra
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